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29 agosto 2023 2 29 /08 /agosto /2023 06:16

Gli inizi del fumetto sull'«Illustrated London News». III. I fumetti giornalistici del «Graphic» e dell'«Illustrated London News».

 

Thierry Smolderen

 

   Nel corso degli anni 70 del XIX secolo, un fumetto giornalistico appare nelle pagine correnti delle due pubblicazioni, assumendo un'importanza crescente sino ad installarsi, intorno al 1880, nel cuore stesso delle pratiche editoriali del Graphic e (in minor misura) dell'Illustrated London News.

Un fumetto giornalistico nel XIX secolo

   Malgrado le limitazioni imposte dai due periodici (niente argomenti sensazionalistici o drammatici, né fatti di cronaca), i fumetti giornalistici del Graphic e dell'Illustrated London News testimoniano una sorprendente varietà di registri e di soggetti e stupiscono oggi per la loro forza grafica e la loro inventività formale.

   Praticamente ogni settimana, durante gli anni 80 del XIX secolo, il Graphic pubblica sotto forma di fumetti degli «incidenti interessanti», dei servizi e dei racconti di viaggio di una potenza visuale notevole. Il settimanale conduce così i suoi lettori ai confini dell'impero britannico, o più prosaicamente in vacanza in Scozia, in escursione sulle rive del Tamigi, o a bordo di una mongolfiera.

   Alcuni dei suoi racconti e servizi giornalistici sono spediti da artisti accreditati (che viaggiano a spese del settimanale), ma molti giungono alla redazione per iniziativa di corrispondenti occasionali (o di semplici lettori), sotto forma di abbozzi (di storyboards) che sono in seguito ridisegnati dagli artisti della casa.

   Questo resoconto di un'esplorazione in Colombia è uno dei primi racconti di viaggio pubblicati sotto questa forma dal The Graphic. Il sistema impiegato dal settimanale per procurarsi questo genere di storie (a partire da disegni amatoriali) spiega indubbiamente il ruolo molto attivo degli illustratori umoristici nell'evoluzione di questa forma di servizio.

   Quando il Graphic invita i suoi lettori a inviargli la descrizione dell'uno o dell'altro «incidente interessante», gli chiede espressamente di «ricordarsi sempre che il suo abbozzo deve offrire un materiale grezzo che gli artisti del quartiere generale potranno capire e sviluppare. Nella maggior parte dei casi, un buon diagramma, disegnato con intelligenzada qualcuno senza pretese artistiche, fornirà una base ben migliore per l'artista di un abbozzo vistoso nel quale tutti i dettagli importanti sono spettacolarmente elusi» [1].

   Gli storyboards diagrammatici, graficamente ingenui o incompetenti, che formavano la base dei racconti a fumetti del Graphic erano indubbiamente di natura da ispirare, più degli altri, gli artisti che si trovavano a loro agio nell'illustrazione umoristica.

L'uomo con la matita

   I fumetti «del reale» si manifestano dunque come fondati su delle esperienze vissute e riportate da testimoni diretti sotto forma di abbozzi. Le didascalie, spesso brevi, sono generalmente raggruppate in basso alla pagina e numerate. Ci si potrebbe aspettare che questa presentazione tipicamente «diagrammatica» favorisca l'uso di didascalie impersonali, ma le cose non stanno così. Lo stile pur essendo telegrafico, i testi sono spesso redatti in prima persona al singolare o al plurale.

   Innanzitutto, si tratta per gli artisti del Graphic di far viaggiare il lettore, di fargli vivere per procura delle esperienze reali. E' qui che risiede tutto l'interesse di questi racconti deliberatamente anodini ed è questo che giustifica pienamente la presenza di fumetti nelle pagine correnti di un giornale di attualità.
   In questo esercizio, la trappola, che i disegnatori del Graphic cercano ad ogni costo di evitare è quello dell'accademismo. Va detto che queste storie sarebbero molto noiose senza le invenzioni formali e l'occhio frizzante del disegnatore che rinnova in permanenza le sue soluzioni.

   Si ha modo di accorgersene scoprendo queste pagine che il più grande espediente dell'illustratore umoristico è il suo gusto per l'autoderisione (che si riflette anche nella selezione degli argomenti). Questa qualità gli permette di descriversi in piena attività, in modo divertente, e attraverso questa scappatoia, di ricordare al lettore il dispositivo sul quale poggia il funzionamento giornalistico del racconto.

   E' evidentemente lo scopo di questa copertina del Graphic che ci mostra i suoi illustratori in disoccupazione tecnica a causa del «fog» persistente. Le posture leggermente stilizzate invitano il lettore a condividere lo sguardo rassegnato e divertito che essi pongono sulla loro propria situazione... Senza mai appoggiare né caricaturare, gli illustratori del Graphic si coinvolgono personalmente nell'enunciazione di ogni elemento dell'immagine.

   Il tono con il quale essi dettagliano le loro osservazioni fa integralmente parte del dispositivo del fumetto dell'inchiesta giornalistica. Una preoccupazione con la quale essi rendevano al dettaglio le lorfo osservazioni  fa integralmente parte del dispositivo del fumetto giornalistico. Li anima una preoccupazione  costante: si tratta di non mostrare mai immagini che potrebbero passare per «impersonali» o buone per ogni occasione (passe-partout), contrariamente alle pubblicazioni illustrate a buon mercato che mostrano a casaccio delle immagini perfettamente intercambiabili).

   Nelle pagine del Graphic, ogni disegno veicola un punto di vista, perché ogni disegno ogni disegno è destinato a comunicare un'esperienza personale. E il fatto che questo punto di vista sia «vestito», arricchisce, attraverso il disegno esperto dell'artista della casa editrice (artiste-maison) pone meno problemi che non si potrebbe credere perché l'immagine stampata, durante quest'epoca, è obbligatoriamente allografica per tutte le tirature importanti.

   La capacità del disegnatore umoristico a descrivere le cose rivestendole con una specie di sorriso costituisce di fatto una garanzia supplementare. Il contratto giornalistico è molto chiaro: un piccolo numero ben definito e istituito di intermediari umani costituisce la catena che lega il lettore all'avvenimento raccontato. Si può difficilmente esigere meglio quando si tratta di prendere conoscenza di incidenti minori che si sono a volte svolti agli antipodi.

 

 

 

 

   Nel quadro dei servizi sportivi (molto frequenti), lo sguardo dell'artista reporter è del tutto rivelatore della tradizione umoristica. Il procedimento che consiste nell'osservare lo spettatore invece dello spettacolo, ad esempio è il un prodotto diretto dell'eredità hogarthiana. Lo ritroviamo all'opera, all'inizio di questa doppia pagina qui sopra, che ci propone un vero compendio dell'arte del disegnatore umoristico applicato al servizio giornalistico.

   Sin dalla prima immagine, l'uomo con la matita indossa il ruolo dell'«uomo che ha visto l'uomo che ha visto passare lospettatore che va a vedere la corsa», movimento di regressione che inscrive il lettore / spettatore in una catena infinita che è la definizione stessa del Signor Tutti (M. Tout-le-Monde).

   I disegnatori umoristici conoscevano questo vocabolario  a memoria. La barriera degli spettatori che ci volgono la schiena, ad esempio, è un altra figura tipicamente inclusiva di cui questo genere di servizi ci dà molti esempi sotto una forma o sotto un'altra. Come Magritte lo ricorderà in uno dei suoi quadri, una figura «ci volge la schiena» è un'ombra proiettata di noi stessi molto più immersiva di un riflesso nello specchio.

   Depistando questi differenti tropi, si capisce che il disegnatore  si impegna meno a farci vedere la corsa stessa sul modo (ottico) del servizio fotografico o cinematografico che a farci vivere l'avvenimento in prima persona, attraverso una serie di diagrammi perfettamente leggibili e articolati, che ci proiettano tuttavia nel mezzo della folla dandoci un ruolo nel vortice di eccitazione e confusione.

   L'uomo con la matita è all'interno dell'immagine. La prova: l'immagine non è inquadrata: i bordi della barca nella quale egli si trova spariscono in visione periferica. L'immagine non è inquadrata ma è vista attraverso gli occhi esperti  di un osservatore divertito, attentoi ai dettagli rivelatori che sono altrettanti lenti di ingrandimento (metonomia, metafora, emblema, ecc.) attraverso le quali ci riporta la sua esperienza.

   Di fronte a questo nuovo corpus, una domanda salta con evidenza alla mente: in quale modo, con quale velocità, con quali modalità, questo sguardo umoristico, diagrammatico, stilizzante, carico di una profondissima memoria grafica si è trasmessa all'arte del cinema?

Thierry Smolderen

 

[Traduzione e cura grafica di Massimo Cardellini]

 

NOTE

[1] «To Artists, Amateurs, and all who are Fond of Sketching», The Graphic, 28 dicembre 1889.

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22 agosto 2023 2 22 /08 /agosto /2023 14:41

Gli inizi del fumetto sull'«Illustrated London News». II. I supplementi di Natale ed estivi

 

Thierry Smolderen

 

   The Illustrated London News e The Graphic pubblicavano in estate e per Natale un supplemento riccamente illustrato, in cui il fumetto aveva un posto importante. Degli autori come George Cruikshank Jr, William Ralston, Harry Furniss, Alfred Crowquill, Frederick Barnard o Randolph Caldecott vi disegnavano.

Un linguaggio ludico, poligrafico e geroglifico

 

 

 

 

 

   Le satire grafiche (la cui tradizione risale alle guerre di religione del XVII secolo) proponevano al lettore delle immagini da decrittare sulla modalità del rebus, dell'emblema e dell'allegoria. In Inghilterra come in Francia, gli stessi autori possono passare dal fumetto alla concezione di una pagina di rebus o di giochi geroglifici. Nei giornali della metà del XIX secolo, questo tipo di crittografia ludica fa ancora parte integrante del bagaglio dell'illustratore umoristico.

Il «fumetto töpfferiano» non sfugge d'altronde a questo paradigma poiché anche la sua stessa forma (il binario [chemin de fer] della strip) è una rappresentazione allegorica della «visione a tunnel» dell'uomo moderno e della marcia cieca del progresso (che Töpffer oppone al girandolone a zigzag del visitatore intelligente, attento all'unità e alla simultaneità del paesaggio o del quadro).

   Natale inglese visto da un artista «giapponese». Al verso di questa bellissima tavola, dovuta al figlio del grande George Cruikshank, il settimanale pubblica un lungo articolo. Il documento inizia con una discussione molto seria delle recenti pubblicazioni dedicate in Inghilterra alle arti grafiche giapponesi, poi evoca l'influenza occidentale crescente in questo paese. Infine, inprovvisamente, l'autore analizza la pagina dell'artista «Kru-Shan-Ki» con un tono falsamente dottorale, come se si trattasse di una vera rappresentazione da parte di un artista giapponese degli usi e costumi inglesi in periodo natalizio.

   Durante il XIX secolo, gli illustratori umoristici formano una famiglia internazionale, che, sul piano stilistico, si caratterizza per un ricorso quasi sistematico all'ibridazione grafica. Nelle loro immagini, le collisioni tra idiomi eterogenei producono costantemente delle scintille di senso e di umorismo. Questa concezione poligrafica e geroglifica dell'immagine, fondata su una profonda conoscenza delle arti grafiche è in loro come una seconda natura.

   Tanto vale dire che l'immagine obiettiva («fotografica») non è il loro primo riferimento (come d'altronde testimoniano i virulenti attacchi di Töpffer contro l'invenzione di Daguerre).

   Quando questi disegnatori fanno allusione alle immagini alle immagini prodotte attraverso la tecnica, o che si ammantano di autorità scientifica, essi si ingegnano a trattarli come delle rappresentazioni «come le altre». Sotto la matita degli illustratori umoristici, ogni nuovo modo di vedere rappresenta un linguaggio che si può stilizzare, diagrammatizzare, analizzare, confrontare con altri linguaggi visuali per creare senso. Quanto alle forme di storie ad immagini stesse, esse sono trattate (e maltrattate) con la stessa disinvoltura giubilatoria: è ciò che spiega la straordinaria flessibilità formale, durante il XIX secolo del fumetto (töpfferiano) e delle storie ad immagini in generale.

   I disegnatori che «miniaturizzano» i supplementi di Natale dell'Illustrated London News appartengono chiaramente a questa famiglia umoristica (la maggior parte, d'altronde, lavorano anche per Punch).

   Tra tutte le «forme di storie» possibili, ve ne è una, tuttavia che gli autori dell'Illustrated London News privilegeranno in modo insistente. Nel corso degli anno 50 e 60 del XIX secolo, la pantomima fantastica (féérie pantomime) è un riferimento inevitabile per questi disegnatori. Come se questa forma rappresentasse un modello naturale, una specie di riflesso della loro propria attività grafica. Manifestamente, essi si riconoscevano nelle fantasie teatrali buffonesche, oniriche, eterogenee, arcaicizzanti, parodistiche e totalmente irrealistiche che invadevano le scene londinesi durante il periodo delle feste di Natale.

Frederick Barnard e Harry Furniss: pantomime e linee serpentine

 

 

 

 

 

 

   Dei grandissimi autori di fumetti emergeranno emergeranno nei supplementi di Natale, che partecipano tradizionalmente dell'atmosfera di vacanza negli ambienti della middle class, durante l'epoca vittoriana.
   Alla fine degli anni 60 del XIX secolo, Robert Barnard e Harry Furniss brillano intensamente sull'Illustrated London News, e creano una corrente stilistica rococo molto riconoscibile e molto originale, caratterizzato dall'uso intenso della linea serpentina.

   Le storie di Barnard e Furniss giocano sull'insieme della tavola e prefigurano in ciò le invenzioni grafiche del Little Nemo di Winsor McCay. Esse meritano un posto maggiore in ogni antologia del fumetto. I due disegnatori sfruttano pienamente il grande formato del giornale (40 cm x 30cm circa), e il loro senso della composizione esplode nei racconti pieni di vitalità. Vediano in essi come l'incisione su legno può superare i propri limiti in pubblicazioni i cui artigiani lavorano veramente in modo artistico.

 

 

 

In Furniss così come in Barnard, la linea serpentina comanda la traiettoria dinamica dello sguardo nell'architettura della tavola, pilotando il lettore attraverso un labirinto divertente e ondulante. Si tratta quasi sempre di narrare un pranzo in famiglia, un aneddoto intorno al ceppo di Natale, uno spettacolo di pantomime, un esperimento divertente di fisica o qualche altra forma di sciarada o di chiasso di stagione. Queste pagine scintillanti riflettono ancora lo spirito originale di Töpffer, che esse combinano brillantemente con le teorie di Hogarth sulla linea serpentina.
   Radicalmente differente dallo schema «cronofotografico» che finirà con l'imporsi negli USA verso il 1900, il modello neo-rococo di Barnard e Furniss costituerà un durevole riferimento per gli autori umoristici inglesi. Sempre straordinariamente energiche le tavole di Furniss sono al contempo danzanti e ludiche, le sue composizioni «serpentine» influenzeranno spesso gli autori del Graphic e dell'Illustrated London News.
   Queste pagine riflettono così lo spirito pagano, carnevalesco che affascinava tanto la generazione di Dickens e di Crowquill. Esse tracciano un legame tematico evidente tra questa generazione e l'Americano Winsor McCay, il cui Little Nemo si alimentava anch'esso alle fonti di questa pantomima fantastica.

Storie d'amore e ballate a colori del graphic

   Adottando progressivamente il colore, i supplementi di Natale e dell'estate diventeranno a poco a poco degli oggetti lussuosi. Preparati più di un anno in anticipo, le tavole cromosilografate esigono sino a quattordici passaggi di colori a detta degli editori [1]. Questi supplementi rappresentano un grosso investimento artistico e tecnico e hanno un grande peso sulla bilancia dei conti annuali della pubblicazione. Quando lanciano The Graphic nel dicembre del 1869, gli ideatori del nuovo settimanale manifestano l'estensione dellaloro ambizione offrendo un supplemento a colori che cerca di far concorrenza all'Illustrated London News su questo terreno molto prestigioso (e molto redditizio).

   Ponendosi sullo stesso terreno di Barnard e Furniss, degli autori come Randolph Caldecott, J. C. Dollman, Percy Macquoid, William Ralston introdurranno in The Graphic delle nuove piste in materia di storie ad immagini. I generi della storia d'amore  sorridente e della ballata illustrata, che corrispondono alle tendenze letterarie dell'epoca, sono spesso privilegiate.

   Anche situate nel mondo contemporaneo, le storie di Caldecott e dei suoi colleghi emanano un evidente profumo di nostalgia: i testi sono scritti in corsivo e le tavole organizzate «in arcipelago di immagini». L'insieme ricorda l'eterno tema dell'amore e il passato medioevale delle storie d'amore ad immagini, il corso tranquillo del tempo e dei fiumi, i viaggi «all'antica» zigzagando a bordo dell'acqua. L'epoca è piena di allusioni gotiche, e la forma di queste storie è perfettamente in sintonia con i tempi. Non deve probabilmente gran cosa all'influenza töpfferiana che verte piuttosto, come abbiamo detto, su dei racconti lineari e ritmati, dedicati agli eventi quotidiani (routines) e incidenti della vita moderna.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Thierry Smolderen

 

[Traduzione e cura grafica di Massimo Cardellini]

 

NOTE

 

[1] «The Graphic, extra-supplement of the Christmas Number», dicembre 1882.

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14 agosto 2023 1 14 /08 /agosto /2023 08:00

I primi fumetti da L'Illustration all'Illustrated London News

   Creato nel 1843 sul modello dell'Illustrated London NewsL’Illustration è molto probabilmente all'origine dell'ingresso del fumetto töpfferiano nella stampa illustrata anglo-sassone.

   Nel 1845, il grande settimanale francese diretto da J.-J. Dubochet – un cugino di Töpffer – aveva pubblicato a puntate il suo M. Cryptogame, interamente ridisegnato da Cham per l'incisione su legno. Sino ad allora il genere inventato da Töpffer era consegnato al formato eccentrico del «romanzetto» ad immagini. Con la pubblicazione a puntate di Töpffer e Cham pubblicati da L'Illustration, il fumetto töpfferienne facave dunque il suo ingresso sulla stampa d'attualità.

   Pubblicato nel 1850, il M. Verdreau di Stop (qui sotto) testimonia del persistente interesse del grande settimanale parigino di attualità per la forma di racconto inventato da Töpffer. La pubblicazione di questo corto racconto a puntate su L’Illustration nel 1850 ha potuto incitare l'editore dell'Illustrated London News a pubblicare una storia diu una simile tonalità sul suo supplemento di Natale del dicembre del 1851.

   Questa storia di nove pagine, uscita dal numero 359 al numero 364 di L’Illustration meriterebbe indubbiamente un'analisi storica accurata. Vi ritroviamo un intreccio di temi e di emblemi molto difficili da districare (tra cui il «cappello giallo», segno tradizionale di giudaicità). Alcune figure stilistiche - soprattutto nella pagina qui riprodotta – sono tipicamente töpfferiane. L'ambiente generale, urbano, moderno (si parla di piccoli annunci, di seduta d'ipnosi, di viaggio in treno) è del tutto caratteristico dello spirito in cui il modello töpfferiano è ricevuto e adattato dalla stampa illustrata, come una forma particolarmente adatta a evocare i ritmi, le abitudini ordinarie, la velocità del mondo moderno nell'era urbana e industriale [3].

   La storia della pubblicazione di fumetti nei grandi giornali di attualità inglese commincia nel dicembre del 1851, con la pubblicazione di Verdant Green sul supplemento di Natale dell'Illustrated London News.

   Il racconto, firmato Cuthbert Bede, racconta in due episodi la vita tumultuosa di uno studente giunto da poco a Oxford. Più tardi, l'autore ne trarra un romanzo dallo stesso titolo (1853) e, anche allora, illustrato dalle sue cure. Curiosamente, la prima versione disegnata non sembra essere stata conosciuta da Anthony Powell che scrive la prefazione alal riedizione del romanzo (Oxford University Press, 1982) senza menzionare il fumetto.

Fortuna del genere töpfferien verso il 1850

   A quest'epoca, molti piccoli albi ispirati alle storie di Töpffer sono in vendita nelle librerie londinesi e una serie umoristica dedicata alle disavventure di Brown, Jones & Robinson di Richard Doyle, è già comparsa in Punch, il grande settimanale satirico londinese (che condivide molti dei suoi disegnatori con l'Illustrated London News). Intorno al 1850, la forma creata da Töpffer è dunque molto in voga in Inghilterra, soprattutto negli ambienti letterari che circondano Dickens e Thackeray. Essa si è rapidamente adattata agli scripts «giornalistici» della vita moderna.

   Con il Verdant Green di Cuthbert Bede il fumetto si presenta come una forma moderna che si presta bene all'evocazione dello stile di vita frenetico di una ceerta frangia un po' canaglia della società. L'orientamento giornalistico e l'assenza di ogni elemento nostalgico che caratterizzavano le storie di questo genere potevano perfettamente combinarsi con la forma töpfferienne di cui il découpage rapido, a scatti portava già una critica implicita della frenesia (e della stupidità) della vita moderna nell'era urbana e industriale.

   La descrizione delle abitudini e delle azioni ordinarie dei giovani un po' su di giri e delle loro sbandate sociali (relativamente innocue) era d'altronde tipica della letteratura comica inglese del XVIII e del XIX secolo. I romanzi di Tobias Smollett (una delle innfluenze letterarie di Töpffer), il Life in London (1821) di Pierce Egan (illustrato dai fratelli Cruikshank), il Mr Lambkin de Cruikshank, discendevano tutti, in ultima analisi dal Rake’s Progress di William Hogarth. Hob & Nobb Garroted, di Charles H. Bennett (The Illustrated Times, 1856), «Midnight sketches from life, by a prisonner», de C. Roberts (1872) e Mr Tomkins’ atonement de S.T. Dadd (1886) sono rappresentativi di questa filiazioni, che definisce un genere grafico ben ancorato nell'immaginario degli illustratori inglesi. Quest'ultimi avevano immediatamente stabilito il legame tra la forma töpfferienne e quell'antichissimo lignaggio semigrafico, semiletterario, alla quale si possono raccordare delle serie successive come Ally Sloper di Marie Duval e Charles Ross e Mutt and Jeff di Bud Fisher.

   Se il linguaggio visuale inventato da Töpffer si adatta così bene alla vita moderna, non è per caso: sin dall'origine, Töpffer l'ha concepito come un idioma parodistico destinato a esporre gli effetti alienanti, sulla psiche umana, dell'industrializzazione, dell'accademismo e del materialismo. I suoi romanzetti comici formano delle catene di diagrammi che si ispirano ironicamente alle illustrazioni dei manuali di espressione teatrale e delle enciclopedie tecniche e scientifiche. Si trattava per Töpffer di denunciare la retorica dell'azione progressiva (ciò che oggi chiamiamo l'arte sequenziale), e, mediante essa, la retorica del progresso nell'era industriale (l'azione progressiva constituendo in qualche modo il principio motore della modernità).

   Dalla istanza sulla ripetizione meccanica di alcuni motivi, la descrizione delle routine, le corse cieche, le conseguenze grottesche di azioni e reazioni a catena, gli attentati fantasiosi all'integrità fisica dei personaggi - tutti questi elementi si ritrovano in questa storia di Charles H. Bennett, che si inscrive direttamente nella discendenza töpfferiana.

   Un poliziotto che si apprestava a chiamare un ragazzo di strada (addormentato sotto un portico) è allertato dal chiasso di una banda di gozzovigliatori. Sbagliandosi di persona, il funzionario invia in gattabuia uno sfortunato passante che non può fare nulla. Quest'ultimo è condannato a dieci shillings di multa e a una notte dietro le sbarre.

   Uno dei primi fumetti giornalistici (o pseudo-giornalistici) pubblicati da The Graphic permette di effettuare il legame con la tematica dei «giovani su di giri», evocati in precedenza. In una brevissima descrizione, il commento pubblicato sul verso narra i dettagli di questo errore giudiziario senza grandi conseguenze.

   Mr Tompkins, rientrando nella propria abitazione un po' alticcio passa attraverso la finestra della sala da pranzo. Allertato dall'abbaiare del cane del vicino, l'agente N° 211 Z si accorge di ciò che sta avvenendo, e scambiando Mr Tompkins per un ladro, passa attraverso la stessa strada. Intervento violento di Mr Tompkins nella sua abitazione. La signora Tompkins non è contenta. Mr Tompkins giura che non lo farà mai più.

   Ancora una storia tipica della tradizione töpfferiana. Il tema dell'arresto notturno è molto presente in Töpffer, e molto emblematica della sua critica dell'azione progressiva che egli intendeva come una specie di «visione a tunnel». Per Töpffer, i personaggi coinvolti dall'azione progressiva sono incapaci di apprezzare intelligentemente il quadro (simultaneo) della situazione nella quale essi si dibattono. Gli autori inglesi riconoscevano senza sforzo le fonti letterarie di questo tema, soprattutto nei romanzi cominci di Tobias Smollett.

   Nuova variazione (senza parole) sui rischi della vita urbana. Invitato a cenare a casa dei Jones, l'eroe cerca la casa e si sbaglia di indirizzo diverse volte. Giunge dapprima a casa di un medico, poi in diverse altre dimore, sino alla «casella prigione»... dove incontra un certo Jones (quello buono?) che l'invita a cena, e lo presenta a sua figlia.

   Si noterà la composizione sotto forma di storyboard, molto caratteristico dei fumetti dell'Illustrated London News e del Graphic all'epoca. Il sistema degli «croquis» attaccati con delle puntine (punaisés) e riuniti per formare una pagina è uno dei «prismes» attraverso i quali i disegnatori umoristici proiettano volentieri le loro storie. Il modello sembra direttamente ispirato dal fumetto dei servizi giornalistici, contesto nel quale gli abbozzi sono evidentemente «riportati» dall'artista (che ha assistito alla corsa dei cavalli o partecipato all'incursione).

   Notiamo che in materia di composizione, nessun modello stabile e implicito di fumetto esiste ancora, il che spiega la ricchezza delle soluzioni inventate dai disegnatori umoristici. Si dovrà attendere il comic strip 1900, e il modello audiovisuale (nato dallo stesso dinamismo semiotico) affinché la combinazione della bolla sonora e il riferimento implicito all'azione cinematografica si imponga a poco a poco come linguaggio universale e «trasparente».

 

Thierry Smoleren

 

[Traduzione e cura grafica di Massimo Cardellini]

 

[3] Devo al mio collega Gérald Gorridge l'aver attirato la mia attenzione sull'esistenza di questa storia.

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7 agosto 2023 1 07 /08 /agosto /2023 08:00

Gli inizi del fumetto nell'«illustrated london news»

Un numero del settimanale inglese «The Ilustrated London News» del 13 luglio 1843.

 

Thierry Smolderen

 

   Durante la seconda metà del XIX secolo, i due più grandi settimanali d'attualità inglesi, «The Graphic» e «The Illustrated London News», hanno pubblicato centinaia di pagine di fumetti disegnati che non sono mai state repertoriate e nemmeno citate dagli storici della nona arte. Questo materiale, recentemente scoperto dall'autore, rovescia radicalmente l'idea che possiamo avere del fumetto prima della nascita del Comic strip americano.

Un numero del settimanale inglese «The Graphic» del 1873.

 

Introduzione

   I fumetti del Graphic e dell’Illustrated London News rivelano una pleiade di nuovi autori: Frederick Barnard, Harry Furniss, Randolph Caldecott, A. C. Corbould, William Ralston, J-C Dollman, Joseph Nash, Reginald Cleaver, per non citarne che alcuni. Questi «disegnatori accreditati» dei due principali settimanali illustrati dell'Impero Britannico (allora al suo apogeo) meritano un posto di rilievo nella storia del fumetto.

   Innanzitutto perché essi furono i primi a esplorare, nella stampa illustrata, le possibilità grafiche e narrative offerte da pagine di grande formato (30cm per 40 cm) e a colori (nei lussuosi supplementi di Natale ed estivi), e a ricorrere al disegno realista. Ma soprattutto perché furono i primi a sfruttare ampiamente le possibilità espressive di un fumetto di segnato tipicamente giornalistico: un fumetto di cronache, di viaggi e di incidenti vissuti.

   Aprire questo capitolo dimenticato del fumetto, vuol dire dare un grande colpo di «luce elettrica» (medium d'epoca se mai ve ne fu uno) su un periodo sin ad ora abbastanza oscuro - quella che separa Töpffer dagli inizi del comic strip americano. Beninteso, l'esperienza ci condurrà anche a riesaminare un certo numero di idee ricevute sull'evoluzione della forma prima della rivoluzione del comic strip.

   Per dare un'idea dei tesori di cui parliamo, ecco una prima selezione di tavole commentate, scelte tra le più belle e le più interessanti.

Una strana esperienza di volo a vela su ghiaccio in periodo natalizio.

   Collaboratore regolare del Punch, Harry Furniss ha disegnato numerose pagine di fumetti per i supplementi di Natale dell'Illustrated London News nel corso degli anni 1870 e 1880. Le composizioni festive di Furniss offrono una lettura tutta in ondulazione, molto tipica dei fumetti pubblicati sul settimanale londinese all'epoca. Questa soluzione grafica, che si potrebbe qualificare  come rococo, è stataa été introduite, semble-t-il par Frederick Barnard, à la fin des années 1860.

   Nelle loro grandi composizioni molto accurate (indubbiamente le più «meditate», a questo stadio della storia del fumetto), i disegnatori come Furniss e Barnard transcendono deliberatamente il processo di riproduzione attraverso l'incisione su legno. Ogni tavola da stampare è infatti composta da una mezza dozzina di placche di legno di bosso rettangolare (di circa dodici centimetri di larghezza), assemblate sul retro con dei perni, che offrono alla matita del disegnatore una superficie perfettamente piana. Le placche sono in seguito smontate, incise separatamente, poi rimontate per la stampa. Lo stile rococo di Barnard e Furniss cerca manifestamente di «sfuggire» alla struttura soggiacente di questa piastra espandendosi in modo più fluido e più libero possibile su tutta la superficie della pagina.

   A. C. Corbould collaborava al contempo al Punch, al Graphic e all'Illustrated London News. Fu uno dei più brillanti disegnatori di fumetti giornalistici dell'epoca, come mostra questa pagina straordinaria che narra gli incidenti di una diligenza postale che trasporta la corrispondenza, in piena notte, tra Londra e Brighton.

   Presa nel suo insieme, la pagina cerca manifestamente a riassumere questo tragitto notturno come una somma di impressioni frazionate. Corbould ci consegna un'evocazione confusa, tessuta di visioni folgoranti e di immagini fuggitive, che testimoniano piuttosto una fantasticheria o del ricordo che invece del servizio giornalistico coerente. Il contrasto con lo stile fluido e rococo di Furniss è ad ogni modo sorprendente: vediamo qui come l'intarsio soggiacente poteva suggerire la partizione di un vero montaggio, ritmato e irregolare come i colpi degli zoccoli e il lampeggiamento di una lanterna nella notte.

   L'evoluzione verso questo tipo di composizione si è prodotta nel contesto del giornalismo a fumetti, durante gli anni 70 del XIX secolo. Quando partono ad effettuare indagini nei dintorni di Londra, i disegnatori del Graphic e dell'Illustrated London News portano con sé delle tavolette di legno sulle quali annotano direttamente a matita le loro osservazioni e le loro sensazioni.  Una volta incise al giornale, le tavolette di bosso sono riassemblate rapidamente e stampate per offrire al lettore un servizio quasi istantaneo. Non si cerca dunque più a dissimulare la procedura, al contrario, si sottolinea la rapidità dell'operazione e le difficoltà superate attraverso un assemblaggio ad hoc e rugoso. A. C. Corbould trae qui la parte migliore di questa estetica che sparirà intorno al 1890 così come l'incisione su legno, ma di cui ci si può chiedere se essa non è servita (inconsciamente?) da modelloo al cinema.

   Durante gli anni 80, i lettori del Graphic trovavano regolarmente, in prima pagina del loro settimanale, dei racconti a fumetti che riportavano degli «incidenti interessanti» (l'espressione è dell'editore). Questa descrizione di un picnic insolito su un'isola giapponese dà un buon esempio del tono sorridente e del contenuto relativamente anodino dei racconti di viaggi pubblicati dal Graphic.

   La composizione molto originale di William Ralston mostra tuttavia il «plusvalore» che lo spirito effervescente degli illustratori umoristici conferiva a questa forma di giornalismo visuale. Disegnatore molto regolare e molto leggibile, William Ralston è sempre alla ricerca di soluzioni grafiche inattese e non cade mai nell'accademismo. L'esercizio non è tuttavia facile, perché si tratta essenzialmente di un lavoro di adattamento.

   Le storie di questo genere erano in effetti inviate sotto forma di abbozzi dotati di legende da dei letteori o dei corrispondenti regolari, le cui le iniziali (qui, C. W. C.) segnalavano la collaborazione. In caso di pubblicazione, il loor lavoro era remunerato.

   La redazione Graphic riceveva dei racconti di questo genere da tutti gli angoli dell'Impero coloniale. Gli abbozzi erano in seguito assemblati sotto forma di veri storyboards dagli artisti del settimanale che dovevano adattarle e metterle in chiaro. Numerose composizioni  conservano d'altronde questa forma di storyboard, una tecnica di visualizzazione che era utilizzata correntemente dagli autori di fumetti molto prima che l'industria del cinema la riprendesse.

   Tra gli autori del Graphic che praticano più regolarmente il giornalismo a fumetti, Joseph Nash fa eccezione: disegnatore, specializzato nelle scene martittime, Nash s'interessa innanzitutto alla luce (naturale ed elettrica), all'aspetto della schiuma e delle onde, all'esatta descrizione della vita e dei bastimenti marini. Anche se tende, egli stesso, a stilizzare le espressioni e le posture, a osservare il mondo con un sorriso, non appartiene veramente alla famiglia degli illustratori umoristici.

   Il suo realismo, ad ogni modo, dà ai suoi fumetti un carattere quasi premonitorio: come evitare, qui, l'accostamento con il fumetto d'avventura realista della metà del XX secolo?

   Diffidiamo tutta via degli accostamenti falsamente evidenti. Bisogna interrogarsi sul modo in cui il nostro occhio interpreta la composizione e la luce, apparentemente «drammatici», di una pagina come questa (e il Graphic ne ha pubblicate molte altre). L'incidente riportato non ha nulla di un'azione romanzesca trepidante: non sono dei pirati che abbordano la nave, ma semplicemente dei passeggeri che tornano a bordo. Ad ogni modo, perché Joseph Nash avrebbe voluto conferire questo genere di tensione a un semplice aneddoto da crociera?

   Lo spettatore di oggi, abituato alle procedure di drammatizzazione del cinema e del fumetto degli anni 30 e 40, commette semplicemente un'errore di interpretazione, molto comprensibile. Nei racconti e servizi del Graphic (che erano sistematicamente il sensazionalismo), l'illustratore realista cerca semplicemente di descrivere una situazione vissuta, e a condividere delle sensazioni intense, fedeli alla realtà. All'epoca, non vi è confusione possibile: questo genere d'immagine non esiste che nel fumetto giornalistico che non ha allora nessun rivale nel registro dell'avventura romanzesca. Tornerò alla fine di questo dossier di immagini su questa importante questione per la storia dell'utilizzazione drammatica della luce (e degli scenari decorazioni) nel cinema e il fumetto del XX secolo.

   Reginald Cleaver è l'ultimo dei grandi disegnatori di servizi giornalistici a esercitare sul The Graphic. E' ancora molto presente durante il periodo della Grande Guerra, nel momento in cuiil settimanale si appresta a festeggiare i suoi cinquant'anni d'esistenza. Durante la Belle Epoque, Cleaver effettua degl schizii sui casino della Riviera, il carnevale di Nizza, i bali in maschera dell'alta società francese nei supplementi di Natale ed estivi, o racconta delle piccole storie come questa sopra, a metà strada della finzione e  dell'aneddoto vissuto. Il genere è tipico della produzione del fumetto giornalistico. Il suo stile molto elegante ha probabilmente influenzato più di un disegnatore realista degli anni 30 (si pensi al Connie di Frank Godwin, altrimenti al Corentin di Paul Cuvelier).

   I fumetti del Graphic non sono tutti prodotti da disegnatori che hanno una «fibra umoristica». Il francese Henri Lanos ha disegnato un certo numero di pagine strettamente documentarie, come questa sopra, che ci fanno scoprire dei monumenti londinesi o parigini. Ci si accorge che «qualcosa» dell'inventiva formale dei disegnatori umoristici è stata trasmessa agli artisti più accademici. Le composizioni architettoniche di Lanos e dei suoi confratelli tentano realmente a «farci viaggiare» con dei mezzi strettamente visuali nei luoghi - che in generale essi scelgono  per l'impatto grafico che possono trarne. Ne è testimone quest'effetto straordinario di inquadratura dall'alto e di inquadratura dal basso.

   Tornerò nella seconda parte di questo dossier su questa tendenza che si potrebbe qualificare come «fumetto di riscontro» (bande dessinée de repérage), perché in un certo modo pone in essere un modo di selezione dei luoghi drammatici, spettacolari che si trasmetterà al cinema di avventura e al film nero degli anni 30 e 40 (pensiamo in particolar modo a Hitchcock e a Carol Reed).

   Questa pagina (non firmata) non è caratteristica del contenuto del Graphic, che non pubblica praticamente mai dei fatti di cronaca drammatici o sensazionali sotto forma di fumetti [1]. E' tuttavia molto interessante sul piano storico, poiché sembra aver ispirato uno dei film chiave della storia del cinema: The Great Train Robbery (1903), di Edwin S. orter.

   Il film di Porter combinava numerose innovazioni importanti per l'evoluzione della forma cinematografica, e conteneva dei piani molto simili, tra cui, particolarmente emblematico, del bandito che punta direttamente verso lo spettatore. Sino ad ora si credeva che il film si fosse ispirato ad un'opera teatrale, tuttavia posteriore di cinque anni rispetto a questa tavola.

Nascita dell'Illustrated london news e dei grandi settimanali illustrati

   Fondato nel 1842, l'Illustrated London News è il primo settimanale illustrato delmondo moderno. Questo periodico di questo grande formato che offre una trentina di incisioni su legno ad ogni numero, agli inizi, è l'antenato dei settimanali di informazione del XX secolo come Life o Paris Match. Tutte le forme attuali di servizi visuali (compresi quelli cinematografici e televisivi) risalgono «genealogicamente» alla creazione dell'Illustrated London News. In Francia e in Germania, il settimanale londinese è immediatamente copiato (L'Illustration, 1843 e l'Illustrierte Zeitung, 1843); lo è in seguito negli Stati UNiti, (Frank Leslie’s Weekly, 1852 e Harper’s Weekly, 1857). Nel dicembre del 1869, un gruppo di dissidenti dell'Illustrated London News fonde The Graphic che diventerà il suo principale rivale.

   Durante la seconda metà del XIX secolo, gli illustrati di attualità evolveranno incessantemente sul piano delle tecnologie di riproduzione. Nel corso degli anni 80, si passerà progressivamente dall'incisione su legno ad altre procedure (fotografiche). A partire dal nuovo secolo, il fotogiornalismo prende a poco a poco il posto dell'immagine disegnata in questi settimanali - sino alla prima guerra mondiale, in cui la conversione alla fotografia è totalmente compiuta.

   Ma l'evoluzione delle tecnologie non è che un aspetto delle cose. Questi settimanali innovano anche costantemente nella loro concezione dell'immagine d'attualità. Nelle pagine di questi giornali stampati a molte centinaia di migliaiai di copie e distribuiti nel mondo intero, si può vedere costruirsi le basi di un nuovo genere di sguardo che i lettori e spettatori di oggi saranno indubbiamente tentati di descrivere come obiettivo, in rapposrto al riferimento al fotogiornalismo e al cinema.

   L'archeologia delle immagini di questo periodo rileva tuttavia il carattere interamente costruito di quest'aurea di obiettività e il ruolo fondamentale (e paradossale) che gli illustratori umoristici hanno svolto nella costruzione dello «sguardo moderno». L'uomo con la matita apparirebbe qui come l'antenato indiscutibile dell'uomo con la macchina da presa, constatazione che è importante di non prendere a controcorrente richiamandosi a un qualunque meccanismo di anticipazione. Perché è proprio l'occhio dell'autore di fumetti di giornalismo che influenzerà quello del cineasta o del fotografo, e non il contrario.

   All'apogeo del Graphic e dell'Illustrated London News (tra il 1870 e il 1900), il fumetto è onnipresente. Per la sua stessa flessibilità, questa forma che si sviluppa incessantemente su un fondo dinamico di umorismo e di ironia rappresenta uno dei principali motori dell'evoluzione dello sguardo durante tutto questo periodo fondatore per i moderni media [2].

Thierry Smolderen

 

[Traduzione e cura grafica di Massimo Cardellini]

 

NOTE

[1]  Le strisce 2 e 3 devono essere lette da destra a sinistra.

[2] Pour dare tutta la sua importanza storica a questa constatazione, dobbiamo tuttavia porendere alcune precauzioni. La «forma fumetto» di cui parliamo qui non si riduce alla definizione assionatica e formale che i teorici tendono a dargli da alcuni decenni (Cfr. L'Art invisible di Scott McCloud). Da un punto di vista storico, il fumetto del XIX secolo è legato a una famiglia di artisti (gli illustratori umoristici) che lavorano con degli strumenti intellettuali molto particolari: l'ironia visuale; la stilizzazione e la diagrammatizzazione dei nouvi e antichi modi di vedere e dei nuovi e antichi modi di raccontare; la decodificazione dei luoghi comuni (clichés), delle convenzioni visuali, dei simboli, degli emblemi e delle allegorie; l'ibridazione grafica (o poligrafia).

   Siamo molto distanti, come si vede, dall'oggettività fotografica – ci si trova anche agli antipodi di questa nozione. Ed è sicuramente la ragione che ci spinge a difendere una concezione strettamente storica (piuttosto che assiomatica) del fumetto. In questa prospettiva, gli «strumenti» privilegiati dagli illustratori umoristici apparivano in effetti come i più adatti a decostruire il paradigma dell'ogettività (fondato su dei criteri puramente tecnologici). Decostruzione storica, innanzitutto, che dovrebbe permettere di stabilire una continuità molto più ricca tra l'immagine fotografica (e cinematografica) e il passato profondo dell'illustrazione grafica; decostruzione teorica poi, che dovrebbe condurci a interrogare il posto centrale tenuto dagli strumenti come il diagramma e la stilizzazione ironica nella costruzione di una realtà «oggettiva».

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2 agosto 2023 3 02 /08 /agosto /2023 06:28

Töpffer in America

 

Robert Beerbohm & Doug Wheeler

 

   Secondo il New York Times (3 settembre 1904), il primo fumetto americano fu pubblicato sotto forma di un supplemento speciale a Brother Jonathan (New York, 14 settembre 1842). Contrariamente agli otto precedenti supplementi del settimanale umoristico americano, la cui totalità riproduceva delle opere europee in prosa, il supplemento n° IX conteneva un romanzo grafico completo, The Adventures of Mr. Obadiah Oldbuck, dello scrittore e artista Rodolphe Töpffer.

   Questo supplemento speciale riproduceva, in un formato nettamente differente, l'edizione inglese (dallo stesso nome) del 1840-1841, pubblicato a Londra da Tilt & Bogue, traduzione inglese della versione del 1837 di Les Amours de Monsieur Vieux Bois.

   Il caricaturista George Cruikshank era uno degli investitori coinvolti nella prima traduzione e pubblicazione in inglese di Töpffer, e lui e/o suo fratello fecero un nuovo frontespizio  per Obadiah Oldbuck. Paul Gravett scrive in Forging a New Medium [1]: «Nel novembre 1841, gli editori di Cruikshank, Tilt & Bogue, avevano cominciato a negoziare un accordo mirante a ottenere le tavole degli albi di Töpffer, Monsieur Jabot e Monsieur Vieux Bois, delle copie a otto scellini [2] la pagina, e divennero insieme a Cruikshank soci a parte uguale per i primi adattamenti inglesi».

   Il supplemento di Brother Jonathan edito a New York trasformò la forma di Obadiah Oldbuck, convertendo il tradizionale piccolo formato oblungo rilegato all'europea e alla Töpffer, di circa 23 cm de larghezza e 12 di altezza, e composto da una sola striscia di vignette stampate su ogni pagina, in un formato di 21 cm di larghezza e 27,5 di altezza, dalla forma vicina ad una rivista in brossura dalla copertina sottile, comprendente su ogni pagina due o tre file di strisce allineate le une sopra le altre, e da sei a dodici vignette.

   A parte l'assenza di colore e di fumetti di testo (filatterio), il supplemento di Brother Jonathan è molto vicino alla forma che assumeranno 91 anni più tardi i comic books. E, come quest'ultimi, l'editore li vendeva allo stesso modo 10 centesimi o un dollaro e dieci. Nessun prezzo era stampato sull'albo, e ignoriamo per quale somma i dettaglianti potevano rivenderlo.

   La constatazione fatta dal New York Times nel 1904, di cui abbiamo fatto menzione in precedenza, fa parte delle citazioni che pongono l'accento sugli inizi dimenticati della storia del fumetto in America del Nord, che gli autori di quest'articolo sono tra gli ultimi in data a tentare di ricordare e di far accettare. Quasi cent'anni dopo, benché sia ampiamente considerato in Europa come il padre del fumetto, Töpffer rimane relativamente sconosciuto da questo lato dell'Atlantico.

Wilson & Company

   Brother Jonathan era pubblicato dall'editore newyorchese Wilson & Company. La stessa casa pubblicò in seguito, nel 1846, The Adventures of Bachelor Butterfly, nel tradizionale piccolo formato oblungo europeo (27 cm di larghezza e 13 di altezza) creato da Töpffer. L'albo americano era una riedizione della raccolta dallo stesso nome di Tilt & Bogue, pubblicato a Londra nel 1845, e tradotto dall'adattamento del 1844 di Cham del Cryptogame di Rodolphe Töpffer, prepubblicato a puntate sulla rivista francese L'Illustration di Jean-Jacques Dubochet.

   Selon David Kunzle, dalla sua History of the Comic Strip [3]: «L'edizione dell'albo, che in principio avrebbe dovuto seguire immediatamente la pubblicazione della serie, e dalla quale l'editore e l'autore si aspettavano un'entrata in denaro conseguente, fu molto ritardata, e David Bogue, editore del Lambkin di Cruikshank, fu in grado - in accordo con Dubochet ‒ di pubblicare un albo inglese prima che apparisse infine l'edizione francese».

   E' importante che Kunzle non indica quando l'edizione ritardata di Cryptogame fu infine pubblicata, ciò significa che è del tutto possibile che non soltanto gli Inglesi, ma anche gli americani, abbiano potuto battere Parigi per la pubblicazione di una raccolta di quest'opera di Töpffer. Kunzle, sia detto di sfuggita, non cita l'esistenza delle edizioni americane di Töpffer, tanto meno quelle di Wilson & Company quanto quelle di Dick & Fitzgerald (cf. infra).

   Dopo Bachelor Butterfly, Wilson & Company ristamparono nel 1849 Obadiah Oldbuck, questa volta nello stesso piccolo formato d'albo oblungo di Bachelor Butterfly. In quest'occasione Wilson & Company soppressero quattro tavole del racconto, riducendo il numero di pagine a 80 (rispetto alle 84 dell'edizione di Tilt & Bogue).

   Un terzo albo di Töpffer, The Comical Adventures of Beau Ogleby, traduzione inglese di Histoire de M. Jabot, fu publicato in Gran Bretagna da Tilt & Bogue, ma nessuna prova dell'esistenza di un'edizione di quest'opera di Töpffer ‒ né di nessun'altra ‒ nell'America del XIX secolo è mai emersa.

Dick & Fitzgerald

Dick & Fitzgerald ristamparono sia gli albi Bachelor Butterfly e Obadiah Oldbuck, direttamente a partir dalle tirature di Wilson & Company (riprendendo le stesse soppressione di tavole e le modifiche testuali della seconda tiratura di Obadiah Oldbuck di Wilson). Le date esatte della pubblicazione sono rimaste sino ad oggi sconosciute ma si crede, sulla base di numerose copie scoperte (se ne conoscono dalla copertina blu, gialla o rilegatura morbida bianca a dorso quadrato), che i due albi di Töpffer rimasero in vendita presso Dick & Fitzgerald per più di un decennio.

   Per quel che riguarda le affermazioni secondo cui Dick & Fitzgerald stavano per ristampare Töpffer nel 1840, si tratta di un'impossibilità. Dick & Fitzgerald in quanto entità editoriale non nacquero prima del 1850. Inoltre, i cataloghi editoriale di Dick & Fitzgerald datanti alla metà degli anni 50 del XIX secolo non fanno alcuna menzione dell'insieme dei loro sei albi grafici. Dick & Fitzgerald erano famosi per la loro pirateria, e l'assenza di ogni menzione di crediti e di date di pubblicazione ha senz'altro contribuito allaconfusione per quanto riguarda l'identificazione del primo vero editore americano di Töpffer (senza contare il fatto che le copie più recenti edite da Dick & Fitzgerald sono leggermente più facili a localizzare).

   Sappiamo, grazie all'iscrizione di un particolare rilevato su una copia, che le edizioni Dick & Fitzgerald erano senz'alcun dubbio in vendita negli anni 70 del XIX secolo, forse anche prima (in nessun modo prima della fine degli anni 50. Lo stile della copia, un Obadiah Oldbuck dalla copertina morbida bianca, potrebbe essere il segno di una nuova tiratura negli anni 80 o 90, addirittura anche, secondo una debole probabilità, all'inizio del 1900 (fine dell'esistenza Dick & Fitzgerald in quanto editori). Si dovrà passare attraverso la scoperta e l'esame di altri cataloghi e liste di vendita di questo editore per determinare più precisamente gli anni durante i quali gli albi a fumetti di Dick & Fitzgerald furono disponibili.

Le imitazioni americane di töpffer

   Una traccia dell'influenza che ebbe Töpffer sul fumetto americano nascente è il fatto che gli albi imitarono tutti il piccolo formato oblungo a forma di striscia che il Ginevrino, per quanto ci sia dato di sapere, inventò. Anche The Foreign Tour of Messrs. Brown, Jones and Robinson, di Richard Doyle, raccolta della serie apparsa su Punch, che , nella sua versione inglese originale e nelle sue riedizioni autorizzate successive, era alta e larga, fu radicalmente riformata da Dick & Fitzgerald quando essi la piratarono, per meglio farla somigliare agli albi di Töpffer.

   Gli albi a fumetti degli altri editori, contemporanei delle edizioni di Dick & Fitzgerald, copiarono questo formato. Quest'ultimi comprendevano Andy’s trip to the West delloscrittore David Locke e del disegnatore Mullen [4], che si facevano beffe del presidente americano Andrew Johnson allora in difficoltà, e The Quiddities of an Alaskan Trip, di H. Bell [5], che metteva in scena un viaggio in battello attraverso l'istmo di Panama verso il territorio acquisito di recente dell'Alaska (ampiamente considerato come una «folllia di Seward»).

   Gli albi di Dick & Fitzgerald furono lanciati in un'epoca in cui molte altre fonti di fumetto, di origine americana o europea, erano in vendita ed esercitavano un'influenza sugli autori di fumetti americani. Le pubblicazioni anteriori di Wilson & Company, tuttavia, furono lanciate in territori vergini, e produssero una discendenza che era indubbiamente scaturita dalle due opere disponibili di Töpffer.

   I più evidentemente «töpfférien» del lotto è Journey to the Gold Diggins of Jeremiah Saddlebags, scritto e disegnato dai fratelli James A. e Donald F. Read (Jeremiah Saddlebags è il nome del personaggio principale), pubblicato nel 1849 al contempo a New York e a Cincinnati nell'Ohio. Quest'avventura, il cui inizio è situato nello stesso anno della «corsa all'oro» californiano, è probabilmente il primo romanzo grafico di creazione americana. (Per quel che riguarda il suo eventuale rivale, The College Experiences of lchabod Academicus, del 1847, piratato / ristampato da Dick & Fitzgerald, non si è ancora determinato se fosse di origine americana o europea).

   Non soltanto Journey to the Gold Diggins riprende il formato e l'impaginazione degli albi di Töpffer, ma le legende in prosa sotto ogni immagine somigliano allo stile scoperto nelle traduzioni Bachelor Butterfly e Obadiah Oldbuck.

   La catena delle influenze di Töpffer non si ferma qui. Essa continua al contempo Quiddities of an Alaskan Trip e un secondo albo sulla «corsa all'oro», The Adventures of Mr. Tom Plump [6] che erano un plagio delle sequenze di Journey to the Gold Diggins.

   The Wonderful and Amusing Doings by Sea and Land of Oscar Shangai, di cui l'autore non è identificato che attraverso le iniziali ALC, plagiava anche delle sequenze di Töpffer, ma in questo caso direttamente quelle di Cryptogame (Bachelor Butterfly in inglese). Oscar Shangai è un romanzo grafico americano che si suppone essere stato prodotto negli anni 50 del XIX secolo, molto probabilmente per il settimanale umoristico newyorchese The Picayune.

   La sua esistenza ci è nota attraverso una riedizione successiva piratata da Dick & Fitzgerald. Come Butterfly, Oscar Shangai parte per un viaggio marittimo che viene dirottato; si ritrova prigioniero di un sultano, porta il turbante, poi organizza successivamente la sua evasione. In sguito, visita le viscere di una balena, incontra un leone, come aveva fatto anche Butterfly. Tuttavia, l'opera non eguaglia affatto quella di Töpffer, né il suo umorismo né la sua esecuzione.

   Nel 1870, Max & Moritz di Wilhelm Busch fu pubblicato per la prima volta in America. I due albi di Töpffer vi erano stati disponibili sino allora quasi senza interruzione  per circa trent'anni. Uno dei primi appassionati di Busch era un giovane chiamato William Randolph Hearst. Si è scritto molto sulla successiva enorme influenza di Busch sul fumetto americano, il cui più celebre risultato fu The Katzenjammer Kids, pubblicato inizialmente da Hearst nel 1897. Alfredo Castelli ha scritto all'inizio del 2000 che sembra che Hearst abbia negoziato i diritti di Hans & Fritz con Busch.

   Questi pochi esempi noti mostrano chiaramente che il primo esempio che gli autori di fumetti americani ebbero di Rodolphe Töpffer, attraverso le pubblicazioni della sua opera da parte di Wilson and Company, ebbe un reale impatto e fece avanzare le cose.

Su un forum internet che tratta delle prime opere a fumetti (PlatinumAgeComics@egroups.com), un partecipante ha avanzato l'idea che, poiché non trovava nulla di «töpfférien» nei fumetti moderni, Töpffer era un genio isolato la cui opera non aveva avuto nessuna ripercuzione sulla comunità degli autori di fumetti, quest'ultimi non essendo stati in grado di imitarlo adeguatamente né di costruire a partire da essa. Al che abbiamo risposto che niente di «outcaultiano» è visibile nei fumetti di oggi, il che non significa che i contributi di Outcault o di Töpffer non erano stati determinanti.

 

[Traduzione e cura iconografica di Massimo Cardellini]

 

NOTE

[1] Forging a New Medium, VUB University Press, Bruxelles, 1998, p. 92.

[2] Circa 50 centesimi attuali (NDT).

[3] History of the Comic Strip, Volume 2: The Nineteenth Century, p. 65.

[4] Fine degli anni 60 del XIX secolo / inizio anni 70 del XIX secolo, Haney, New York.

[5] 1873, GA Steel & Co., Portland, Oregon.

[6] Pubblicato nel 1850 da Philip J. Cozans, New York.

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28 luglio 2023 5 28 /07 /luglio /2023 06:07

Il Matrimonio del Cielo e dell'Inferno

Il Matrimonio del Cielo e dell'Inferno (The Marriage of Heaven and Hell) è una raccolta di poesie in prosa scritta da William Blake (1757-1827) tra il 1790 e il 1793. Uscita nel 1793, quest'opera è celebre soprattutto grazie ai proverbi (o aforismi) dell'Inferno che contiene. William Butler Yeats e André Gide lo fecero conoscere al mondo. Quando Blake comincia a scrivere questo capolavoro dallo stile lapidario, quello dei Proverbi dell'Inferno, ha trentatré anni e impiega tre anni per portare a termine quest'opera.

Presentazione

Questo libro è uno dei Libri profetici del poeta, pittore e incisore britannico. Questa prosa poetica è influenzata dai versetti della Bibbia. Quest'opera sarcastica entra in risonanza con La Saggezza degli angeli di Emmanuel Swedenborg (1688-1772). Il riferimento a Swedenborg si ritrova sin nel titolo di un'opera di questo poeta: Del Cielo e dell'Inferno. Il libro di Blake si iscrive, in quel che René Char chiama la «conversazione sovrana», con l'opera di Swedenborg pubblicata nel 1787, in traduzione inglese.

Davanti all'incendio della prigione di Newgate, durante le sommosse nel 1780, egli plaudisce. Il libertario che egli fu salutò non senza fervore la presa della Bastiglia. Blake non scrisse forse alcuni anni più tardi questo Proverbio dell'Inferno: «E' con le pietre della Legge che si sono costruite le prigioni e con i mattoni della religione, i bordelli».

Per André Gide che tradusse e riconobbe Blake sin dallinizio del XX secolo, «l'astro Blake scintilla in questa remota regione dove brilla l'astro Lautréamont. Lucifero radioso, i suoi raggi rivestono con un scintillio insolito i corpi miserabili e gloriosi dell'uomo e della donna».

Per il poeta Jean Rousselot, «a questa vocazione esultante delal contradizione, Blake darà un'espressione brillante, paradossale ed enigmatica al contempo in Il Matrimonio del Cielo e dell'Inferno, opera maestra da cui derivano la maggior parte dei suoi altri «libri profetici» che sono lungi di aver il suo vigore incisivo e nel quale Louis Cazamian a ben ragione di vedere «uno slancio d'entusiasmo orgiastico, probabilmente unico nella letteratura inglese sino ai nostri giorni».

E aggiunge inoltre: «Questo cammino pieno di abissi, popolato da belve e da serpenti, non era, ad ogni modo, compiuto affatto per i sandali presbiteriani, anglicani o romani. Di fatto, William Blake ha dato in questo poema, più libero corso che in ogni altro da lui scritto alla sua frenesia distruttrice. Non c'è nessun valore che non venga abbattuto, ridicolizzato, ridotto in polvere».

Contenuto dell'opera

Per William Blake, tutto consiste nell'opposizione dei contrari. «Senza contrari non vi è progresso. Attrazione e Repulsione, Ragione e Energia, Amore e Odio, sono necessari all'esistenza dell'uomo». Secondo Emanuel Swedenborg, dopo la morte del corpo fisico dell'uomo, l'umano passa per un periodo transitorio nel mondo degli spiriti, da cui potrà in seguito scegliere di andare in cielo o in inferno. E' un'esperienza del passaggio al regno degli angeli e dei demoni.

In compenso, secondo Blake, da questo urto dei contrari, non nasce un'unità intermediaria, origine della forza creatrice che fonda ogni autentico progresso. Blake scrive: «Da questi contrari derivano ciò che le religioni chiamano il Bene e il Male. Il Bene (esse dicono) è il passivo che si sottomette alla Ragione. Il Male è l'attivo che scaturisce dall'Energia. Bene è Cielo, Male è Inferno».

Per Blake, l'Energia (qui il Male) è «Gioia eterna». Egli scrive: «1° l'uomo non ha un corpo distinto dalla sua anima, perché ciò che chiamiamo corpo è una parte dell'anima percepita dai cinque sensi, principali entrate dell'anima in questo periodo della vita. 2° L'energia è la sola vita; essa deriva dal corpo, e la Ragione è il limite dell'aqccerchiamento dell'energia. 3° Energia è Eterna delizia».

William Blake ha scritto questo libro in opposizione a un'epoca, quella dei Lumi, in cui la nozione di Ragione prevaleva ovunque. Questo profeta, tanto audace quanto ribelle, promuoveva la virtù creatrice del desiderio, che non deve essere mai frenato, perché in tal caso diventa passivo e sterile. Egli scrive: «Coloro che reprimono il loro desiderio, sono quelli il cui desiderio è molto debole per essere represso; e l'elemento restrittore o ragione usuroa allora il posto del desiderio e governa quello la cui volontà abdica. E il desiderio a poco a poco diventa passivo sino a non essere più che l'ombra del desiderio».

Se come faceva notare Paul Eluard, «il poeta è più colui che ispira che quello che è ispirato», molto prima che le teorie di Sigmund Freud e di Jacques Lacan fondino la psicoanalisi, Blake si è opposto in quanto vero ribelle del pensiero, a tutte le opinioni tramandate, a tutte le Chiese costituite del suo tempo, e contro leggi e principi che reggono un paese, ha affermato con veemenza, la forza e l'energia del desiderio, al punto di essere accusato di follia dagli uomini della sua epoca. Il riconoscimento di questo visionario si fece a titolo postumo, in Francia all'inizio del XX secolo. Il 22 giugno 1944, Maurice blanchot scrive nelle sue cronache Débats a proposito di William Blake: «Per Blake, le cose reali che vediamo devono far posto a delle cose immaginarie che sole ne manifestano la vera natura». Blake è e non smetterà di essere un uomo delle visioni: un vero visionario.

Georges Battaille ha scritto nel 1957 un lungo capitolo del suo libro La Littérature et le Mal a proposito di Blake. Vi occupa un posto importante. In quest'opera che rivela l'influenza di Blake, Bataille scrive: «La letteratura è l'essenziale, o nulla. Il Male - una forma acuta del Male - di cui è espressione, ha per noi, credo, valore sovrano».

Per Georges Bataille, il coraggio necessario all'uomo per trasgredire la proibizione è un compimento perché esige una «ipermorale». In ciò, è molto vicino a Blake. Blake rifiuta l'utopia di Swedenborg, così come rifiuta il cristianesimo tradizionale. Lo rovescia, lo ribalta, per diventare ciò che Friedrich Nietzsche ha chiamato un «Disangelo». F. Piquet, riprendendo Nietzsche, aggiunge che è una «Buona Cattiva Novella» nel senso che il «Male» denunciato dagli spiriti angelici è lo splendore del vivente.

Una recente traduzione (2008) porta un nuovo chiarimento. Secondo Alain Suied e Gérard Pfister, (poeta-editore delle edizioni Arfuyen), «Blake non è, come lo considerava Bataille, uyn poeta del Male. Egli «mostra» il Male, ma è per fonderlo nella Contraddizione universale, per dimostrare che porta alla possibilità del Bene! [...] Il fuoco che vi riluce è quello della rivolta interiore, dell'aspirazione all'Assoluto, l'appello senza fine alla trasgressione suprema e quotidiana».

I Proverbi  dell'Inferno

Tratti dal capitolo V del Matrimonio, questi 70 aforismi rivelano tutto l'artista ispirato quale fu Blake. Secondo François Piquet, «atraverso l'aforisma, la parabola e l'emblema, il testo folgorante e provocatotio qual è Il Matrimonio del Cielo e dell'Inferno, comunica che la rigenerazione dell'uomo passa attraverso il libero esercizio di un'esuberanza che è bellezza» Blake fu un grande lettore di Dante e di Milton, della Bibbia e della Kabbalah. Queste letture hanno profondamente nutrito e metamorfizzato la sua visione. Questi aforismi restano come una profonda e ricca sintesi del suo pensiero ardente e battagliero che agisce la maggior parte del tempo attraverso il principio del ribaltamento e del rovesciamento, da cui la sua forza e la sua energia.

Alcuni aforismi

Le presenti citazioni occuoano una parte intera e indipendente del libro. Apparse sotto il titolo di Proverbi dell'Inferno, esse sono un buon riassunto del punto di vista sulla realtà esposta qui da Blake.

 

[Traduzione e cura di Massimo Cardellini]

  • All'uccello il nido; al ragno la tela; all'uomo l'amicizia.
  • Colui il cui volto è senza raggi non diventerà mai una stella.
  • Le tigri della collera sono più sagge dei cavalli del sapere.
  • Il cammino dell'eccesso conduce al palazzo della Saggezza.
  • Occhi, di fuoco; narici, d'aria; bocca d'acqua; barba, di terra.
  • La prudenza è una ricca e ripugnante vecchia zitella corteggiata dall'Incapacità.
  • Il Desiderio non seguito dall'azione genera pestilenza.
  • La cultura traccia delle strade rette; ma le strade tortuose senza profitto sono quelle del genio.
  •  Nel tempo della semina impara, in quello del raccolto insegna, dinverno godi.
  • Guida il carro e l'aratro sopra l'ossa dei morti.
  • Conti, peso e misura, lasciali all'anno di carestia.
  • Nessun uccello sale troppo in alto, se sale con le sue ali.
  • Se il matto persistesse nella sua follia, andrebbe incontro alla saggezza.
  • Con le pietre della Legge hanno alzato Prigioni; coi mattoni della Religione, Bordelli.
  • La volpe biasima la trappola, non se stessa.
  • Ciò che oggi può dimostrarsi, una volta fu folo immaginato.
  • Sii sempre pronto a dire ciò che pensi, e il vileti scanserà.
  • L'aquila non sprecò mai tanto il suo tempo come quando si mise alla scuola del corvo.
  • Non puoi mai sapere ciò che basta, a meno che tu non abbia conosciuto prima l'eccesso.
  • Se non ci fossero stati gli sciocchi, dovremmo esserlo noi.
  • La creazione di un piccolo fiore è lavoro di ere.
  • Come per l'uccello, l'aria, per il pesce, il mare, così sia il disprezzo per lo spregevole.
  • Esuberanza è Bellezza!
  • Abbastanza oppure Troppo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[Traduzione e cura grafica di Massimo Cardellini]

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16 luglio 2023 7 16 /07 /luglio /2023 18:10

URIZEN

Nella mitologia di William Blake, Urizen è l'incarnazione della saggezza convenzionale e della legge. E' abitualmente rappresentato sotto forma di un vecchio barbuto che a volte porta degli strumenti da architetto per creare e contenere l'Universo. A volte lo si ritrova anche con delle reti con cui intrappola gli uomini nelle maglie della legge e della saggezza popolare. In molti dei libri di Blake, è disegnato insieme a quattro libri che rappresentano le leggi da lui imposte all'umanità.

Agli inizi del mito di Blake, Urizen simboleggiava la metà di un sistema duale, in cui rappresentava la ragione e Los, il suo opposto, l'immaginazione. Successivamente, durante la rielaborazione della mitologia, Urizen divenne uno dei quattro Zoa risultanti dalla divisione dell'uomo primordiale, Albione; il suo ruolo simbolico rimane tuttavia immutato. La sua Emanazione, o equivalente femminile, è Ahania, simbolo del piacere. Possiede molte figlie, di cui tre rappresentano gli aspetti del corpo, così come numerosi figli, quattro dei quali rappresentano i quattro elementi. Benché i suoi figli si oppongano a lui nel corso di una ribellione, il Giudizio Universale alla fine li unisce.

Come la maggior parte dei nomi propri della mitologia di Blake, il nome di Urizen non è stato scelto a caso: la ricchezza delle possibili etimologie ne fa il tipico esempio dell'inventiva del poeta. È inoltre impossibile sceglierne uno in particolare in quanto sembra probabile che Blake abbia deliberatamente giocato sull'omofonia di molti di essi.

  • Your reason;
  • Horizon (limite della nostra percezione fisica);
  • Your eyes in (auto-contemplazione);
  • Ur-reason («raison primordiale»);
  • You risen (idea di ascensione);
  • Err-reason (erranza umana della ragione).
  • ιορίζω ([io'rizo]), «limitare» in greco antico.

Urizen e gli altri Eterni

Nel mito originale di Blake, Urizen, l'incarnazione dell'astrazione e, a sua volta, un'astrazione dello stesso genere umano, è l'entità primordiale. Si considera egli stesso sacro, e si impegna a mettere su carta, in un Libro di Rame, i vari peccati; e questo libro costituisce quindi una raccolta di diverse leggi così come esse furono date a Mosè e così come le scoprì Newton. Costituisce così i fondamenti di una religione naturale, il deismo, che impone l'uniformità al genere umano. Gli altri Eterni si indignano presto per ciò che essi percepiscono come una minaccia al loro possesso esclusivo dell'Eternità. Essi Instillano nell'opera di Urizen questa forma di peccato - peccato della conoscenza che non manca di evocare il peccato originale, la qual cosa tormenta incessantemente Urizen. Appare poi Los, il cui dovere è di sorvegliare con la massima vigilanza il lavoro di Urizen: ne costituisce la doppia dialettica, in opposizione permanente.

Nel ciclo di Orc, Urizen diventa una figura satanica, simile al Satana di Milton. Dopo che Urizen ha vinto la figura del serpente/Orc nella storia del giardino dell'Eden, risorge l'avatar di Orc nella figura di Fuzon, il figlio di Urizen, che entra in guerra contro di lui. Questo racconto è basato su quello dell'Esodo biblico. Urizen porta delle nubi che rendono difficoltoso il progresso del popolo ebraico nel suo viaggio verso la terra promessa: Fuzon l'affronta in quanto incarna il fuoco che li guida attraverso la notte. Fuzon è infine vinto, e Urizen impone agli Ebrei i suoi Dieci Comandamenti - il che conduce anche all'annichilimento della cultura israelita: gli Ebrei si ritrovano sotto il giogo di Urixen allo stesso modo in cui avevano subito il dominio degli Egiziani, Urizen e l'Orc formano le due parti di un tutto, nel quale Urizen rappresenta l'essenza ancestrale e distruttrice, mentre l'Orc incarna l'essenza giovane e creatrice.

Nei miti più tardi di Blake, Urizen è uno dei quattro Zoas - la quadruplice divisione di Dio. Gli altri tre Zoas rappresentano le tre entità della santa Trinità, e Urizen la figura satanica e decaduta, mentre è anche il creatore. All'interno degli Zoas, è associato al Sud e al concetto di ragione. E' descritto come ciò che lega e controlla l'universo attraverso delle leggi che ha creato. La sua emanazione è Ahania, la figura del piacere. Ed è opposto allo Zoas chiamato Urthona, il cui attributo è l'immaginazione.

La caduta e la vita terrestre

Urizen nasce nella riscrittura da parte di Blake della Genesi: è l'entità creata quando fu dichiarato «che la luce sia»: è allora il quarto figlio di Albione, la figura primitiva, dopo la sua divisione nei quattro Zoas. Benché all'inizio raffigurato come l'oste divino per il quale nessuno è straniero, la sua esperienza della decadenza satanica, dovuta al suo desiderio smoderato di potenza, lo trasforma. Motivato dalla fierezza, diventa l'ipocrita per eccellenza. Quando Albione esige qualcosa da lui, Urizen rifiuta e si nasconde. Dopo la sua caduta, Urizen intraprende la creazione del mondo materiale, ma la sua gelosia provoca la nascita della Collera, collera divina del creatore sulla sua creatura che si emancipa dalla ragione calcolatrice ed eterna attraverso il libero arbitrio; e la nascita della Giustizia, e con essa, nascita del diritto regolatore.

Nel mondo materiale, il suo Carro del giorno e i suoi destrieri gli furono rubati da Luvah, perché la ragione cerca troppo a progredire nelle terre del Nord - il campo dell'immaginazione di Luvah. L'episodio è evidentemente meteforico: dopo il fallimento della conquista dell'immaginazione da parte della ragione - lotta al cuore di un mondo classico che termina con l'avvento del romanticismo -, il volo del Carro, il simbolo dell'istruzione, mostra come l'emozione è capace di dominare la ragione. Urizen cercherà di riconquistare il suo Carro una volta Luvah decaduta, diventato Orc. Invano. Li ritroverà durante L'Ultimo Giudizio.

Infatti, nei primi testi di Blake, Urizen rappresenta semplicemente le catene della ragione che limitano la sua azione così come esse limitano la coscienza degli uomini. Così, la rivoluzione newtoniana e dopo di essa, l'Illuminismo, hanno contribuito a rinchiudere l'immaginazione con la loro visione ragionata dell'universo. Questi primi testi fanno l'elogio di un universo  in perpetua evoluzione; il che è da porre in relazione con il crollo in Europa dei regimi autoritari, tirannici, e più generalmente, degli ordini costituiti.

Decadenza, parentela

Le figlie di Urizen furono dapprima dei figli della luce, il che fa di loro delle incarnazioni potenziali dei pianeti o delle stelle. Dopo la caduta di Urizen, esse assunsero forma umana. Tre di queste figlie sono Eleth, Uveth e Ona, che rappresentano le tre parti del corpo umano (la testa, il busto e le gambe). Insieme, esse organizzarono le acque di Generazione, crearono il Pane del Dolore, e lessero il Libro d'Acciao. Durante l'Ultimo Giudizio, esse sorvegliarono le azioni di Ahania, l'Emanazione di Urizen. I suoi figli sono presentati in diversi modi: sia in numero di quattro: Thiriel, Utha, Grodna e Fuzon, allineati sulla tradizione dei quattro elementi; sia in numero di dodici, in rapporto con i dodici segni dello Zodiaco. Essi sono i costruttori della Conchiglia Mondana - il cielo stellato e organizzato, simbolo della ragione; Il «velo di Vala» che isola l'uomo dai problemi dell'infinito - e in questo senso, essi cercano di prevenire la caduta dell'umanità. Nei primi miti di Blake, essi dimorano in varie città, e non obbediscono alle leggi emanate da Urizen. Fuzon si ribella inoltre direttamente contro Urizen, e riesce a tagliare le reni di suo padre. Viene crocifisso per le sue azioni. Nelle versioni più tardive, i figliapparivano molto più saggi, e restano con Urizen. Cadono insieme al loro padre quando Luvah rovescia il regno di Urizen. Dopo la loro caduta, sono torturati all'inferno, e la creazione delle scienze da parte di Urizen sembra loro un mezzo di dominio iniziato contro loro. E' per questo che, benché siano stati  affidati alle armate di Luvat, l'incarnazione dell'immaginazione, essi si ribellano alle leggi del loro padre. Durante l'Ultimo Giudizio, i figli di Urizen gettano le loro armi e celebrano il ritorno di loro padre al carro, simbolo di un'umiltà ritrovata: essi si uniscono a lui per la mietitura.

Attributi

Urizen possiede numerosi libri: d'Oro, d'Argento, d'Acciaio e di Rame. Essi rappresentano la scienza, l'amore, la guerra e la problematica sociale, che sono i quattro aspetti della vita. I libri Racchiudono delle liste di leggi e principi che mirano a superare i sette Peccati capitali. Urizen fa costantemente delle aggiunte alle sue opere, anche durante la sua guerra contro Orc. Ma i libri sono distrutti durante l'Ultimo Giudizio, immagine di un ritorno delal legge di Dio al di sopra di ogni legge. Il libro di Rame, particolarmente originale, illustra le credenze sociali di Urizen, che cerca di sopprimere ogni pena e a instillare la pace con la forza di una legge univoca. Questa pretesa di Urizen a imporre l'amore per mezzo della legge incoraggia gli altri Eterni a favorire i sette peccati capitali che Urizen cercava tuttavia di eliminare. Il Libro d'Acciao, perso nell'Albero dei Misteri, mostra come Urizen può creare la guerre, ma è incapace di controllarla.

Il compasso è un altro attributo importante di Urizen: esso simboleggia la sua pretesa a regolare, a organizzare il mondo.

Storia esterne e apparizioni

Il personaggio di Urizen è menzionato per la prima volta da Blake in A Song of Liberty (1793), in cui è descritto il suo scontro contro Orc. Blake lo chiama il «re stellato». In Nobodaddy, gli è dato il titolo di «padre della Gelosia» e appare come un asservitore. In America a Prophecy, è il cattivo Dio che regna durante il secolo dei Lumi. Quest'opera descrive anche come Urizen creò il mondo. Segue Songs of Experience (1794) dove diventa il creatore della Tigre - il simbolo dell'ira - dopo la sua caduta. Tra i suoi titoli «la Tigre», «l'Uomo astratto», «un'Immagine divina» e la «Risposta al Mondo». E' menzionato in seguito in Europe a Prophecy, dove è liberato dai suoi legami, e apre il Libro di Rame in risposta alla Rivoluzione americana che sconvolge l'ordina costituito.

Nel Libro di Urizen è l'essere eterno, centrato su se stesso e che si crea da sé dall'eternità. Esoltanto Urizen, rappresentazione dell'astrazione, e astrazione del genere umano, esiste all'inizio. Egli crea infine il resto della creazione, ma è tormentato dalle altre essenze Eterne, informi. Urizen appare allora come l'essenza del sacerdote eterno, ed è opposto a Los, il profeta eterno. Ma certe parti di questa storia furono emendate più tardi, in The Book of Los e The Book of Ahania, quest'ultimo libro descrive la relazione tumultuosa di Urizen con suo figlio Fuzon che si rivolta anch'egli contro suo padre. E soprattutto, The Book of Los (1795) evoca la creazione da parte di Urizen del punto di vista del rapporto al mondo proprio a Los, come un mezzodi controbilanciare in un movimento molto dialettico le sue proprie debolezze. Il Song of Los mostra Urizen che trasmette le sue leggi all'umanità, e i loro effetti. L'opera termina con l'apparizione di Orc, ed i pianti di Urien.

Urizen appare anche nell'illustrazione di Blake del Libro di Giobbe: prende anche la figura di Apollo. Lui e il suo regno sono descritti in Milton a poem di Blake; il suo trono è d'argento e d'amore. Il suo regnoè retto dalla giustizia e la scienza eterna. I suoi figli vi risiedono. E' anche in quest'opera che compare il motivo della caduta satanica di Urizen. E' presentato in questo stesso poema come una forma di ragione, inglobante il mondo al suo interno, ed è lui che segue Milton.

Urizen appare ancora in una illustrazione per Il Penseroso chiamato «Milton's Dream», in cui interferisce con l'immagine del Dio vero.

In Vala, or The Four Zoas, Urizen è detto il quarto figlio di Albione e di Vala. Presiede all'accoglienza al Paradiso e comanda il Sole materiale. Quest'opera descrive anche la caduta. In Jerusalem The Emanation of the Giant Albion, Urizen riprende tuttavia una forma simile alle prime opere di Blake. Organizza l'universo mentre Los vi induce l'errore e la discordia. Urizen crea infine la Religione Naturale. Dopo il risveglio di Albione prenderà ancora una forma: quella del contadino.

Origini e ispirazioni

Urizen possiede dei punti comuni evidenti con il Demiurgo delle sette gnostiche, esso stesso derivato ampiamente dal Dio dell'Antico Testamento (più precisamente, come l'Urizen di Blake, Il Demiurgo è una trasformazione radicale di questa figura, ottenuta sviluppando alcune caratteristiche originali del Dio dell'Antico Testamento, e togliendogliene altre.

Sia il Demiurgo sia Urizen costituiscono delle figure del tutto nuove. Le teorie spculative della Massoneria sono un'altra possibilità riguardanti le fonti dell'immaginario di Blake: infatti, sappiamo che Blake era attratto dalle concezioni massoniche e druidiche di William Stukeley. Il campasso così come gli altri strumenti che Blake associa a Urizen, ricorda chiaramente la simbolica massonica del Dio «Grande Architetto dell'Universo».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[Traduzione e cura iconografica di Massimo Cardellini]

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13 luglio 2023 4 13 /07 /luglio /2023 14:13

Wilhelm Busch 

I ladrucoli di miele

«Dai,» dice Peterl a Hansel, «andiamo all'alveare del vicino, è pieno fino all'orlo del miele più bello!»

 

E infatti vanno e guardano lascivamente l'alveare del vicino.

 

«Lo prenderemo in un istante», dice Peterl, afferra l'alveare e lo solleva, ma in un attimo i due leccatori sentono una puntura sul naso, che sembra venire dal nulla.

 

«Ah, ah», dice il vicino, che accorre alle urla, «avete preso nota di come funziona il furto del miele, ora correte a casa con il vostro promemoria».

 

E hanno portato con sé un promemoria appropriato, di modo che nessuno riconosce l'altro.

 

E la mamma ha visto come sono tornati a casa!

 

All'inizio il padre li ha rimproverati violentemente, ma poi ha voluto 
aiutarli, ma è stato vano, e i due hanno continuato a urlare
come se fossero infilzati su uno spiedo.

 

Sedevano gemendo davanti al loro pasto preferito, una ciotola piena di gnocchi profumati. Ma il padre continuava a pensare a come estrarre i due pungiglioni che le api avevano lasciato e come aiutarli.

 

Poiché il fabbro del villaggio è il più intelligente, il padre porta da lui Peterl e Hansel. Il fabbro è un uomo risoluto, afferra il pungilione dell'ape con un grosso paio di pinze e lo tira fuori con gioia.

 

La cosa più importante era stata fatta, ma le ferite lasciate dalle spine dovevano essere curatela cosa principale era fatta, solo le ferite lasciate dalle punte dovevano essere curate prima, e così il Dottor Bauxel venne e mise un grosso cerotto su ogni naso.

 

Ci vollero due o tre settimane a letto prima che migliorassero del tutto.

 

Ma alla fine si rimisero in salute e, davanti a una ciotola piena di gnocchi, giurarono solennemente di non andare mai più in un alveare. E tutti i bambini dovrebbero ricordarselo, perché le api pungono ancora ogni giorno, e non sempre c'è un uomo risoluto come il fabbro a portata di mano che può aiutare con le conseguenze dello spuntino.

 

[Traduzione e cura grafica di Massimo Cardellini]

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12 luglio 2023 3 12 /07 /luglio /2023 06:00

L'omaggio di Samivel

 

Guylaine Nové-Josserand

 

Autore di tre albi di fumetti sconosciuti (Parade des Diplodocus del 1933, Les Blagueurs de Bagdad del 1938 e Bonhommes de Neige del 1947), lo scrittore, disegnatore ed esploratore Samivel, le cui affinità con Töpffer erano grandi, aveva pubblicato in Minerve, il 26 luglio 1947, un testo intitolato «Le centenaire d’un prince de l’humour, Rodolphe Töpffer».

 

Dopo aver evocato i Voyages en zigzag, Samivel scriveva: «... [Töpffer] scarabocchia un po' qua e un po' là, delle buffe figure con mano distratta. Ed ecco che un bel giorno, una di queste figure si agita, diventa ingombrante, esige imperiosamente di vivere. Töpffer si lasciava forzare la mano. La figura si espande in una serie di disegni seriali (à suite) che dispiegano alcune legende. Le idee s'infilano come delle perle, le avventure scherzosa arrivano l'una dopo l'altra, e, alcune settimane più tardi, la pila dei quaderni manoscritti che si accumulano sul tavolo del salone della pensione, per la gran gioia dei visitatori, si arricchisce di una nuova unità: è il Le Docteur Festus, il primo albo di una celebre serie [1]...

(...) Se la parola non fosse stata, attualmente, usata ampiamente, diremmo volentieri di Töpffer che ha manifestato, nei suoi albi umoristici, un temperamento da surrealista ante litteram. Nei confronti del buon senso borghese, niente di più folle dell'incatenamento di queste avventure, niente anche di più liberatorio, niente di più segretamente ironico. Perché, sotto i lustrini di una fantasia sfrenata, è la "società" del suo tempo e dei ridicoli eterni che Töpffer esegue con due tratti e tre movimenti. Retori di ogni genere, pedanti, snobs, dottori, frenologi (a quei tempi, gli psicoanalisti erano frenologi), giudici, "forze armate" e tutto il resto, ne buscano anch'essi per il loro grado, e le frecce töpfferiane, dopo cent'anni, non sono affatto smussate.

Il disegno di Töpffer è caratteristico ed egli fu imitato. Allo stesso tempo sicuri e tremolante, esso emerge da un groviglio di tratti di penna gettati sulla carta con una fretta nervosa, inoltre piena di trovate grafiche.

Si deve ancora far notare, presso Töpffer, un senso del ritmo che ne fa, a nostro parere, un notevole precirsore dei cartoni animati. In un senso, la sua visione è cinematografica, e cioè egli introduce la nozione di tempo nelle sue immagini seriali, sia utilizzando abilmente la ripetizione e la simultaneità, sia proporzionando molto esattamente le dimensioni di ogni composizione alla loro importanza o alla rapidità dell'azione...».

 

NOTE

[1Samivel si sbaglia considerando Festus come il primo albo di Töpffer. Quest'ultimo disegnò in primo luogo Les Amours de Mr Vieux Bois, e il suo primo albo pubblicato fu Mr Jabot.

 

[Traduzione e cura grafica di Massimo Cardellini]

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1 marzo 2017 3 01 /03 /marzo /2017 06:00

Gustave Doré

Dore

Pioniere del fumetto

 

Thierry Groensteen

 

Le collezioni Jabot

 

Nello stesso 1847 che vede il lancio di Le Journal pour Rire, Aubert pubblica il primo albo di Gustave Doré, Les Travaux d'Hercule. Quest'opera esce nella "Collection des Jabot", che deve il suo nome al fatto di essere stato inaugurata nel 1839 dalle versioni pirata di tre albi di Töpffer (le cui edizioni originali erano uscite a Ginevra, a spese dell'autore), tra i quali la Histoire de Mr. Jabot. Gli altri due titoli contraffatti erano Mr Crépin e Les Amour de Mr Vieux Bois. In seguito, la collezione ha accolto delle storie originali create da degli artisti francesi: sette albi del prolifico Cham, così come la Histoire de Mr de Vertpré et de sa ménagère aussi (1840), di Edmond Forest. Les Travaux d'Hercule si inserisce dunque al dodicesimo posto in quella che è considerata come la primissima collezione dedicata al fumetto nella storia dell'editoria francese.

L'editore ne farò la pubblicità in questi termini: "Les Travaux d'Hercule sono stati composti, disegnati e litografati da un artista di quindici anni, che ha appreso il disegno senza maestri e senza studi classici. Ci è sembrato che non era la cosa meno curiosa di quest'albo originale e abbiamo voluto scriverlo qui, non soltanto per interessare ulteriormente il pubblico ai lavori di questo giovane disegnatore, ma anche per ben stabilire il punto di partenza del signor Doré, che crediamo chiamato a un rango ben distinto nelle Arti".

Les Travaux d'Hercule escono l'anno che segue la morte di Töpffer, e due anni soltanto dopo l'uscita dell'ultimo albo del Ginevrino L'Histoire d'Albert.

Uno dei concorrenti di Aubert sulla scena editoriale parigina si chiama Jacques-Julien Dubochet (1794-1868). Di origine valdese, quest'editore si trova ad essere precisamente il cugino di Rodolphe Töpffer. Dubochet è non soltanto uno dei confondatori di L'Illustration (rivista alla quale Töpffer consegna dei testi e dei disegni), ma anche l'editore di alcune opere del suo cugino, come i Voyages en zigzag o Les Nouvelles genevoise. Töpffer condivide una corrispondenza assidua con lui, nella quale si lamenta amareggiato delle contraffazioni pubblicate dalla casa editrice Aubert.

L'influenza di Töpffer  su Doré non può essere posta in dubbio. Les Travaux d'Hercule presenta numerose caratteristiche riprese dal "modello Töpfferiano", soprattutto il formato all'italiana, il collocamento bordo a bordo delle vignette contigue, separate da un semplice filetto, la loro dimensione elastica, si adattano al contenuto rappresentato, o anche l'importanza accordata al movimento dei personaggi, che apparenta alcune scene a una forma di pantomima.

Si ignora, tuttavia, se Gustave Doré ha scoperto gli albi di Töpffer attraverso Philipon, che non ha potuto non fargli vedere la sua "collezione dei Jabot", o se li conoscesse già. Quest'ultima ipotesi deve essere presa in considerazione, se si tiene come acquisito - conformemente alle principali testimonianze - che il manoscritto di Les Travaux d'Hercule figurava tra le opere presentate a Philipon durante la sua prima visita del giovane artista.

Dallo stretto punto di vista grafico, Doré non cerca veramente la somiglianza con il disegno al tratto eminentemente libero e vivo del padre del fumetto. Introduce nelle sue vignette dei valori di grigio, e cura inoltre alcuni complementi dello scenario - anche se lo sfondo delle immagini è spesso lasciato bianco, come se i personaggi si muovessero in assenza di gravità. E' probabilmente ciò che porterà l'artista a sopprimere i quadri delle vignette nei suoi tre successivi albi, e a giustapporre liberamente le sue immagini nella pagina, sul modello delle "macedonie".

Il testo è posto sotto l'immagine, come in Töpffer, ma a differenza di quest'ultimo Doré non scrive di sua mano: i suoi testi sono composti tipograficamente. Ne risulta una minore intimità tra le due componenti del medium, che, nel Ginevrino erano tracciati con la penne, il che faceva del testo e del disegno due scritture complici.

E' vero che nelle edizioni pirata degli albi Töpfferiani proposti da Aubert, il testo manoscritto era già sostituito da un piano tipografico, e i disegni contraffatti. Queste differenze si spiegano con il fatto che le versioni parigine hanno fatto ricorso al metodo usuale dell'incisione, mentre le edizioni originali ginevrine facevano uso di un processo originale chiamato autografia, grazie al quale l'artista disegnava e scriveva sul diritto su di una carta speciale che permetteva il trasferimento delle iscrizioni sulla pietra litografica.

Doré assicura egli stesso la trascrizione litografica di Les Travaux d'Hercule. La tecnica gli era già familiare: aveva infatti eseguito le sue prime litografie alla penna a Bourg-en-Bresse all'età di tredici anni.

Les Travaux d'Hercule

Cinque anni prima, Les Aventures de Télémaque, fils d'Ulysse, di Cham, nella stessa "Collection des Jabot", avevano inaugurato la vena del fumetto a soggetto mitologico. Cham parodiava il celebre Télémaque di Fénelon, che anche Doré aveva scelto come fonte del suo racconto di giovinezza intitolato Histoire de Calypso [12].

In Les Travaux d'Hercule, la parodia usa un procedimento sperimentato che consiste nel trattare un soggetto nobile in uno stile comune, triviale, addirittura volgare. Questa degradazione del soggetto rileva ciò che si designava più precisamente durante l'epoca classica come il travestimento burlesco. Si caratterizza soprattutto nel fatto che le imprese compiute da Ercole diventano qui altrettante sfide che egli lancia, senza altra ragione se non quella di provare la sua forza, al suo fratello Euristeo [13]; nella tavola 39, Doré rivela che la posta in gioco era... una bottiglia di birra. Euristeo, ammettendosi vinto lo "paga regalmente".

L'eroe stesso è avvilito. Ercole qui non ha più nulla di un semi-dio, né di un colosso; più piccolo di suo fratello, trascina una figura grassoccia, con una cintura di fogliame come unico indumento, e inalbera un aria a volte idiota a volte indispettito. La tavola 33, in cui il nostro eroe babbeo esce imbrattato dal suo "viaggio di scoperta nelle scuderie di Augìa", finisce con il togliergli ogni pretesa di grandezza.

Fig. 3: Ercole impegnato nelle pulizie delle scuderia di Augìa

Michel Thiébaut evidenzia a ragione che le imprese successive danno luogo a delle sequenze di lunghezza passabilmente ineguale. "Così [Doré] si attarda relativamente a lungo sull'episodio del leone di Nemea, o anche su quello della cerva di Cerinea, passa più rapidamente sulla cattura del cinghiale di Erimanto e non dedica che due immagini alla conquista della cintura della regina Ippolita" [14]. Lo stesso autore nota anche che gli anacronismi deliberati sono numerosi, affettando a volte l'immagine (così di "quell'amazzone la cui uniforme ricorda quella delle vivandiere dell'epoca imperiale") quanto il lessico ("l'armatura costituita dalla pelle del leone di Nemea diventa un semplice 'cappotto'"). L'esagerazione è un altro espediente del comico: la folla di curiosi che assedia il laboratorio del conciatore (tavola 6) si stende a perdita d'occhio, ed Ercole si ritrova, al termine della sua lunga corsa dietro la cerva di Cerinea, "lontano 1.000.000.000 di leghe dal punto da cui era partito". Ma qualche volta Doré gli preferisce la litote: i "dintorni molto umidi" designano così le paludi nelle quali Ercole per poco non annega.

Non si potrebbe rimproverare un artista di quindici anni per una narrazione un po' approssimativa e un umorismo ancora incerto dei suoi mezzi. Il contrasto eroicomico è sfruttato in modo piuttosto maldestro, e rari sono i disegni la cui vista suscita il sorriso (citiamo tuttavia quella vignetta della tavola 4 in cui Ercole pianta una freccia sul didietro di un leone dalla rigidità catalettica). Lo stesso sentimento di pressapochismo riguarda la gestione del tempo. Le ellissi sono spesso poco convincenti: il testo ci informa in tale luogo che sei mesi sono trascorsi tra due vignette immediatamente consecutive (tavola 21), un poco oltre (tavola 24) che si è appena varcato un nuovo arco di un anno e mezzo, ma la contiguità delle immagini sembra smentire queste informazioni.

L'albo comporta 46 tavole e 104 vignette. Se una maggioranza di tavole si compone di due disegni, molti non ne contano che uno soltanto, e il numero di vignette sale a cinque nella tavola 16. Le didascalie non hanno in genere che due o tre righe di testo, ma tendono a diventare un po' più lunghe nelle ultime otto tavole.

I due albi di fumetti successivi escono entrambi nel 1851, ossia dopo la scadenza del contratto iniziale concluso con Philipon. A differenza del primo, questi due albi sono disegnati con la matita litografica. Questa tecnica, permetteva all'artista di incidere direttamente disegnando con una matita, senza aver bisogno della mediazione di un copista, aveva aperto la via alla caricatura d'artista. Philipon ne spronava l'uso, al contrario di Töpffer che l'aveva disapprovata, giudicando che essa produceva "un tratto molle e senza carattere" [15].

 

[SEGUE]

 

[Traduzione e cura grafica di Massimo Cardellini]

 

NOTE

[12] Nel corso delle sue Avventure, Telemaco visita l'isola di Ogigia, la cui regina era Calipso.

[13] Nella mitologia, Euristeo (Eurysthée, notare la differente forma grafica) è il cugino di Ercole.

[14] Michel Thiébaut, "Les Travaux d'Hercule", Neuvième art n° 3, gennaio 1998, pp. 68-73; cit. p. 69.

[15] Cfr. le sue Réflexions à propos d'un programme, 1836.

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