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4 ottobre 2012 4 04 /10 /ottobre /2012 12:00
Aspettando Komikazen 2012: Riccardo Mannelli, un realista emozionale

 

 

 

Pistoiese, classe 1955, Mannelli è uno dei più grandi disegnatori satirici italiani. Attivo fin dagli anni settanta, si muove tra la sua produzione pittorica e la sua attività in campo editoriale. Ha collaborato con i principali periodici satirici italiani (Il Male, della cui cooperativa è stato tra i fondatori, Cuore, Boxer, Humor, Satyricon di Repubblica), con riviste a fumetti come Linus e Alter Linus, e con giornali e riviste come L’Europeo, la Stampa, Il Messaggero, Lotta continua, il  Manifesto. Attualmente collabora con La Repubblica e Il Fatto Quotidiano.
Dal 1995 coordina il Dipartimento di Illustrazione all’Istituto Europeo di Design, dove insegna Anatomia e Disegno dal vero. Ha pubblicato numerosi libri, tra i quali: “Nicaragua”, “Chilometri di chili”, “Eccetto me e la mia scimmia”, “Saldi di fine millennio” e “Carni Scelte”.

www. komikazenfestival. org/komikazen-2012/ospiti/riccardo-mannelli

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La tua visione della realtà sembra muoversi su due binari paralleli: l’estremo realismo (direi quasi fotografico) della rappresentazione dei corpi umani e l’implicita visione grottesca innescata da questa stessa pratica. Come ti relazioni a e come gestisci questi due aspetti del tuo stile?
L’estremo realismo quasi fotografico di cui parli non mi riguarda, semmai ho una natura espressionista, io non mi sono mai lasciato sedurre da una fotografia, ho bisogno di vedere con i miei occhi, ho una sorta di sguardo tattile. E una voracità emotiva. La fotografia la uso come supporto di memoria e molto spesso la reinterpreto e la stravolgo completamente. Una foto che ho scattato da troppo tempo non mi dice più niente, non mi porta più l’odore, il suono, il senso tattile di una persona o di un luogo. Mi interessa tutto quello che è umano, è una splendida ossessione. Sono curioso di vite, di vissuti (sono stato un divoratore di biografie).
Io non ho uno stile, nel senso che non me ne sono mai costruito uno; io disegno come mi viene, di getto, senza impostare e soprattutto quasi sempre senza una idea precisa. Se quello che sto disegnando prende una strada sarcastica o grottesca mi lascio trasportare da questa intuizione emotiva, se viceversa prende forma un’altra intuizione il lavoro può assumere
un altro carattere, magari melanconico o struggente. Sono emozioni, non puoi (non devi) cercare di controllarle, rischi il cinismo. Io lavoro sulle emozioni reali, perché so che è tutto quello che ci interessa di una vita. Puoi dire che sono un realista emozionale.

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