LE STORIE DEL COLONNELLO RAMOLLOT
Autoritratto di Achille Lemot detto Uzès, il grande illustratore del protofumetto Les histoires du colonel Ramollot scritte dal prolifico Charles Leroy (1844-1895).
Una magnifica rappresentazione a colori del nostro "eroe" disegnato da Uzès.
Presentiamo ora un autore e il suo personaggio principale del tutto sconosciuti in Italia e probabilmente nel resto d'Europa. Si tratta di una produzione enorme che si aggira per il colonnello Ramollot sulle molte migliaia di pagine e di disegni.
Dal sito della BNF (Bibliothèque Nationale de France) si possono infatti visionare ben 20 volumi di storie scritte dal prolifico Charles Leroy (1844-1895) e prevalentemente vertenti sul personaggio Ramollot che visse dal 1883 al 1899, poco più di tre lustri quindi e che conobbe un successo strepitoso agevolato dall'economicità della pubblicazione che costò sempre 10 centesimi ma anche all'espediente di far uscire ogni nuovo fascicolo, di 16 pagine a numero e contenente molte illustrazioni, la domenica.
L'autore, Charles Leroy, fece anche raccogliere in alcuni brevi libri scelte delle migliori storie del colonnello Ramollot ma anche su personaggi che erano di contorno al colonnello nelle storie che uscivano in piccoli fascicoli settimanali e che assunsero vita autonoma rispetto al personaggio principale ridotto comunque a fare da sfondo rispetto alle storie che li vedevano protagonisti, essi consistono principalmente in Pinteau il piantone del colonnello Ramollot, il capitano Lorgnegrut, il tenente Bernard e il sergente Roupoil.
Queste edizioni in formato libro erano destinate ad un pubblico di appasionati disposti a spendere di più e quindi è per questo che alcune tirature erano stampate su carta pregiata e numerate e comprendevano anche dei disegni a colori di grande formato, oggi ricercatissimi dagli antiquari di libri e che non a caso abbiamo ritrovato in vendita nel web e da cui abbiamo tratto quelle che presentiamo qui sotto che oltre tutto ci serviranno egregiamente per illustrare quali sono anche i problemi di traduzione a cui si va incontro nel voler fornire una versione italiana decente delle storie del colonnello Ramollot.
Divorziare, ma è 'na cosa idiota, arribadisco!
Quando il colonnello parla, i suoi discorsi sono un fiorire di apostrofi e troncamenti. In francese ciò è l'equivalente di una pesante intrusione dialettale, quasi un parlare gutturale. Nelle nostre traduzioni dovremo quindi effettuare dei troncamenti e non necessariamente utilizzando le stesse parole che Ramollot tronca in francese perché molto spesso ciò non è possibile. Se nella battuta della prima tavola a colori incontriamo ben tre troncamenti a noi non è stato possibile che produrne uno. La parola "arribadisco" a fine battuta, nel significato di lo ripeto lo ribadisco, non è ovviamente un errore del traduttore, bensì la quasi letterale traduzione dal francese perché il colonello Ramollot non soltanto parla malissimo ma molto spesso usa, da buon ignorante privo di cultura, le parole a vanvera e l'effetto comico ci guadagna non poco, ovviamente.
Grande arte... questa. Ma è 'na porcheria!
In questo caso il troncamente è uno solo ed uno anche in traduzione ma, in italiano la parola porcheria non è troncabile e allora ho dovuto optare per l'articolo indeterminativo "una", che è diventato 'na. Il colonnello Ramollot non ama nemmeno l'arte oltre alla lettura e come vedremo in una delle sue storie che presto tradurremo neanche la musica, va da sé che le bande militari sono la sua passione...
S'crongnieugnieu! Macché ve ne f... (fotte) de me?
Niente troncamenti in questo terzo caso, abbiamo allora ripiegato sul dialetto. Il romanesco si adatta squisitamente al colonnello Ramollot. Unica croce la sua personalissima esclamazione indicante estrema irritazione: s'crongnieugnieu! tanto celebre all'epoca da aver dato titolo ad un libro che lo ha per protagonista: Les s'crongnieugnieu du colonel Ramollot, edito nel 1890. Questa espressione non esiste nello stesso francese né in alcuni dei suoi dialetti, si tratta decisamente di un'invenzione dello scrittore Charles Leroy e che in francese ha un suono decisamente gutturale e quasi suinesco. Esso ricorre quasi in ogni fascicolo domenicale e spesso più di una sola volta. Credo che dovrò o lasciarlo in francese, non potendo immaginarne uno simile in italiano, o italianizzarlo in scrognognò, ma che senso avrebbe? Poiché è probabile che quell'espressione derivi da una pronuncia veloce e semianimalesca di "sacre nom de Dieu", allora anche l'arcaico ma italico "Domeneddio!", oppure "Perdio", potrebbero prestarsi egregiamente alla bisogna.
L'unica spiegazione possibile è quindi che dal momento che il colonnello Ramollot parla troncando quante più parole possibili questa espressione possa essere una forma estremamente contratta della famosa espressione Sacre nom de Dieu!, e cioè sacro nome di Dio, un esclamazione molto popolare in Francia e che potrebbe corrispondere all'italiano Signore Benedetto! e simili. Ora questa espressione pronunciata velocemente ed a voce alta da un Ramollot molto alterato diventerebbe appunto nella nostra ipotetica ricostruzione appunto: s'crongnieugnieu e spiegherebbe l'enigmatico segno di troncamento posto dopo la S. Ramollot le parole se le mangia proprio.
Altre difficoltà di traduzioni molto più blande però sono date dal verbo fottere nel significato di fregarsene, non importarsene, da cui derivano le varie altre declinazioni verbali dipendenti dal fatto se il verbo si riferisce al presente o al futuro o al passato. Altra difficoltà, più rilevante è la traduzione del celeberrimo intercalare popolare francese che nei racconti è riportato in questa forma N.. de D..., in francese ritenuto una vera e propria bestemmia, praticamente l'unica essendo questa cultura caratterizzata proprio dalla mancanza di imprecazioni linguistiche verso la divinità di cui al contrario la nostra lingua e cultura, semplicemente sovrabbonda. Anche questa espressione Ramollottiana ricorre spessissimo nelle storie del colonello Ramollot e perciò ci pone dei grandi problemi.
Quale forma tripartita in italiano da dare a Nom de Dieu e cioè alla lettera "nome di Dio", che, ricordiamolo secondo uno dei dieci comandamenti, non andrebbe pronunciato invano, non certo: "in nome di Dio" che più che bestemmia o imprecazione a voler essere più precisi altro non è che una invocazione al summum ens, una richiesta di un suo intervento o una sua chiamata a testimonianza di chissà cosa. Forse: "ma... per Dio!" potrebbe andare bene o anche un semplice "perddio!" ci stiamo lavorando ancora ma questa potrebbe essere la sua forma definitiva.
In quanto al contesto storico, gli anni in cui il colonnello Ramollot venne alla luce furono determinanti per il suo successo in quanto la bruciante sconfitta della guerra franco-prussiana del 1870, a cui seguì la vergognosa e sanguinaria repressione della Comune di Parigi, con migliaia di esecuzioni sommarie e di deportazioni nelle colonie erano oramai lontani e quasi dimenticati e l'esercito si era rifatto in parte esportando la sua brutalità assassina nella colonie che aveva sparse per il mondo ma soprattutto all'epoca nell'Africa nera, ultimo continente ad essere ancora relativamente libero dalle antiquate forme del colonialismo dell'era mercantilistica europea.
Nell'età dell'imperialismo industriale inaugurato dall'avvento del capitalismo monopolistico, l'Africa avrebbe rappresentato un bottino appetibilissimo e che più volte fu motivo di contenziosi tra stati europei alla ricerca di nuovi mercati di sbocco delle loro merci e di rifornimento di materie prime. Le nuove imprese di conquista coloniali trovarono inoltre una forte spinta nel manifestarsi della grande crisi economica mondiale del 1873-1895, nota anche come grande depresione dovuta alla sfrenata concorrenza tra le principali aree industriali e che portò alla sovraproduzione di merci i cui costi dovettero abbassarsi per poter essere vendute e quindi provocò ondate di disoccupati, stranamente sono proprio questi gli anni in cui il nostro personaggio, Ramollot, vive le sue avventure, e ad essere precisi sino alla crisi di Fashoda in cui anche l'esercito coloniale africano subì uno scacco d'immagine ad opera dei Britannici.
Nel complesso possiamo ritenere che in quanto personaggio rappresentante un'istituzione temuta, amata e spesso odiata, Ramollot soddisfacesse a suo modo un po' tutte le pulsioni che il corpo sociale costretto ad avervi a che fare poteva manifestare nei confronti di essa, non dimentichiamo che la coscrizione di massa era allora obbligatoria ed estremamente difficile da evitare e la sua durata era lunghissima. Le storie sono sempre comiche e a volte grottesche estremamente caricaturali, gli autori, lo scrittore come l'illustratore, ritraggono con simpatia tutto l'ampio universo presente in caserma, dal soldato semplice al corpo ufficiali. Non ci è difficile immaginare innumerevoli fascicoli di "Ramollot" circolare per le caserme della Francia fin de siècle, magari non in modo ostentato.
Ben altro avrebbero scritto e disegnato riviste del tipo L'Assiette au Beurre della sinistra radicale o dichiaratamente antimilitariste e anticlericali, sull'istituzione detentrice del monopolio statale della violenza. Leroy e Uzès descrivono in fondo con grande simpatia il colonnello burbero e ignorante. A testimonianza della natura protofumettistica di Ramollot ecco proprio una rappresentazione del personaggio sotto forma di tavola. Le bolle di fumo (filatterio) che escono dalla bocca di chi parla non ci sono, ma il primissimo fumetto era caratterizzato proprio dalle didascalie esplicative poste in basso a cui successivamente sarebbero succeduti i ballons dei dialoghi e poco dopo anche i suoni onomatopeici e a volte anche le indicazioni delle espressioni emotive dei vari personaggi, ma questa è un'altra storia.
[Testo e ricerca iconografica a cura di Massimo Cardellini]
LINK al sito GALLICA della BNF (Bibliothèque Nationale Française) da cui trarremo le nostre traduzioni del "protofumetto" Ramollot, superbo esempio di integrazione tra letteratura e disegno oramai in via di sintesi imminente, si tratta di ben 20 volumi: Histoires du Colonel Ramollot
LINK dedicato ai più celebri cittadini della città di Reims di cui Uzès era nativo e dedicato a moltissime sue illustrazioni del colonnello Ramollot: Achille Lemot