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15 novembre 2011 2 15 /11 /novembre /2011 06:00

Karl and Fritz di Victor Schramm

 

 

Una metamorfosi di Max und Moritz di Wilhelm Busch?

 

 

schramm3.jpg

Karl e Fritz insegnano a un cane a volare, tavola disegnata da Victor Schramm per il quotidiano statunitense Chicago Tribune, e datata 10 giugno 1906.

 

 

 

 

Più che un plagio una citazione-omaggio ad un illustre collega

 

La tavola disegnata da Schramm riprodotta qui sopra, è, per chiunque abbia un minimo di conoscenze nel campo del cosiddetto protofumetto, (e cioè di quelle espressioni narrative grafiche, che precedettero di quasi un secolo il fumetto propriamente detto, e che comparvero a profusione sulla stampa del XIX secolo nei paesi culturalmente più evoluti, e quindi provvisti di un grande pubblico colto e di lettori, dell'Occidente, soprattutto Francia, Germania, Inghilterra e Stati Uniti), immediatamente riconoscibile in quanto a fonte di ispirazione.

 

Come non riconoscere infatti la prima delle sette storie, o meglio scherzi, che i due terribili monelli Max e Mortiz, creati da Wilhelm Busch agli inizi degli anni 60 del XIX secolo, giocano alla povera vedova Bolt? ed a cui abbiamo dedicato più di un post nel presente blog in passato. La storia di Schramm è narrata in una tavola di otto vignette disposte in quattro striscie da due. Mentre la storia narrata quattro decenni prima da Busch si estende per 15 disegni.

 

La tavola di Schramm, è oltretutto, una storia ad immagini, non vi sono cioè né filatteri all'interno della narrazione ad immagine né didascalie esplicative: essa va letta con gli occhi e basta. Busch, come è tipico nella sua produzione di storie per ragazzi, se non fa uso nemmeno lui di filatteri, si dilunga invece in ampie descrizioni e soprattutto considerazioni sarcatische in rigorose rime baciate.


 

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I due celeberrimi monelli Max e Moritz, archetipi di innumerevoli fumetti moderni.

 

 

 


busmaxu_00550004-0011-thumb15.jpgNella prima pagina della prima storia disegnata da Bush, i due teppistelli tedeschi hanno approntatoi una trappola, costituita da quattro esche per il gallo e le tre galline della vedova Bolt.

 

 

 

 

busmaxu_00550004-0015-thumb15.jpgNella terza pagina le tre galline e il gallo hanno abboccato alle esche e spaventate dal fatto di non poter più muoversi liberamente si dibattono e fuggono via svolazzando.

 

 

 

 

 

 

 

 

busmaxu_00550004-0019-thumb15.jpgNella quinta pagina le tre galline e il gallo si attorcigliano intorno al ramo di un albero e muoiono soffocate, per il gran trambusto la vedova Bolt si sveglia.

 

 

 

 

 

 

 

busmaxu_00550004-0023-thumb15.jpgNella settima pagina, la vedova Bolt ripresasi dallo stupore per quanto le è dato vedere, tira giù dal ramo le quattro povere bestie e le porta sconsolata in casa dove le cucinerà.

 

 

 

 

 

Le analogie tra le due storie sono più che evidenti. Muta soltanto lo scenario globale consistente in un parco cittadino invece che una casupola isolata dove vive la povera vedova Bolt, e in cui passeggia una giovane donna ben vestita, il bersaglio dello scherzo dei due monelli Karl e Fritz. L'animale vittima delle scherzo di questi ultimi due è invece il cane della giovane donna. I volatili vittime dello scherzo dei teppistelli creati da Busch sono però presenti e anzi costituiscono proprio l'ingranaggio che rende possibile lo scherzo di Karl e Fritz, i quali danno da mangiare ai pennuti proprio delle esche a base di mangime legate tra di loro come nella storia di Busch.

 

Il numero di esche non è più di quattro in quanto il cane, pur di piccole dimensioni, forse un bull dog, ha un certo peso. Perciò l'autore sceglie non più delle semplici galline, le quali oltrettutto in quanto tali non possono nemmeno sollevarsi in volo, ma delle oche bianche in numero considerevole, almeno una dozzina. Una volta ingoiate le esche le oche sono trascinate dai due ragazzacci sin verso il cane alla cui coda esse saranno legate. Quando il povero cagnolino tracagnotto si accorgerà di essere seguito da un branco di oche abbaierà loro spaventandole, e, facendole sollevare in volo, sarà anch'egli inevitabilmente trascinato in cielo per la coda destando la sorpresa e costernazione della sua giovane ed elegante padrona la quale è ritratta più o meno nella stessa postura di stupore della vedova Bolt.

 

Che non si tratti di una semplice casualità è oltrettutto dimostrato dai alcuni studi di Antoine Sausverd e che egli ha pubblicato nel suo blog "Toepfferiana". Un riferimento storico altamente significativo è oltretutto dato nella terza nota del suo saggio Les cousins germains de Plick et Plock del 18 novembre 2010 nel suo pregevole ed erudito blog "Töpfferiana" e che non abbiamo purtroppo ancora tradotto per il nostro blog Letteratura&Grafica: "Il redattore capo del Chicago tribune, James Keeley, compì un viaggio in Europa nel 1906 e ingaggiò dei disegnatori tedeschi per realizzare il supplemento domenicale del suo giornale: Lothar Meggendorfer dunque, ma anche Karl Pommerhanz, Victor Schramm, August von Meissl e soprattutto Lyonel Feininger. A questo soggetto, vedere: Eckart Sackmann, "Das amerikanische Abenteuer", Deutsche Comicforschung 2005, Comicplus+, 2004, p. 22-30.

 

Insomma, il grande successo delle storie ad immagini e spesso veri e propri fumetti moderni con tanto di filatteri e onomatopee, aveva creato una domanda fortissima di autori che, a quanto sembra, gli Stati Uniti non erano in grado di fornire ai numerosissimi quotidiani esistenti in quella grande nazione.

 

Gli autori citati, tutti tedeschi, erano spesso da moltissimi anni collaboratori di giornali per bambini ed avevano disegnati per essi un grandissimo numero di storie e illustrato anche molti libri. Essi erano oltretutto celebri anche fuori del loro paese e perciò ampiamente tradotti nelle principali lingue europee. Lothar Meggendorfer (1847-1925), ad esempio, aveva lavorato sin dal 1868 per il celebre Münchener Bilderbogen [Foglio illustrato di Monaco], e illustrato più di 150 libri, era inoltre celebre per i suoi incredibili libri mobili, oggi ricercatissimi dagli antiquari e costosissimi. Meggendorfer creò anche una sua rivista intitolata Meggendorfer Blätter attiva dal 1888 al 1944 e nel 1906 iniziò a collaborare con il Chicago Tribune.

 

 

Libro mobile realizzato da Lothar Meggendorfer. 


 

La tentazione di proporre delle storie già note ai disegnatori stessi o per lo meno effettuarne dei rifacimenti che ne citassero le trovate migliori, dovette essere a dir poco irresistibile. Sausverd ha per esempio documentato addirittura questa propensione per un grande autore americano di comics: Winsor McCay in ben due casi. Queste citazioni di storie vecchie anche di molti decenni oltre che aver a che fare con la trama vera e propria, potevano però anche riguardare delle trovate grafiche estremamente innovative nell'impaginazione della storia stessa, e più precisamente in una disposizione originale delle vignette di modo che la storia ne subisse una drammatizzazione efficace rispetto alla disposizione estremamente regolare e tradizionale delle vignette in una griglia scontatisima.

 

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Job, Un sogno agitato, 1886.

 


Il primo è stato da lui documentato nel suo saggio Le Petit Lucien au Pays des Rêves del 24 novembre 2008 e che abbiamo tradotto invece in data 19 gennaio 2009 con il titolo Il piccolo Lucien nel paese dei sogni. In esso vediamo un ragazzo, chiamato Petit Lucien [Piccolo Luciano], (è bene ricordare che McCay chiamerà sempre Nemo con l'appellativo appunto di "Little", un ulteriore indizio della conoscenza da parte sua delle storie delle edizioni Quantin a cui si deve questa tavola del 1886, disegnata da Job), sognare (altro indizio altamente significativo, in quanto tutte le storie di Little Nemo in realtà non sono che dei sogni, anzi degli incubi infantili), una furibonda cavalcata con un cavallo vero che lo disarcionerà violentemente nel sogno dopo aver giocato con un cavallo su ruote tutto il giorno. Alla fine il piccolo Lucien si ritroverà, come accadrà sempre a Nemo, sul pavimento della sua camera da letto su cui deve essere caduto per effetto dello spavento procuratogli dall'incubo, non senza aver rovesciato il suo gioccatolo che egli teneva vicino a sé durante il sonno.

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Winsor McCay, Tavola della serie Little Nemo, del 15 ottobre 1906.


 

Le analogie scoperte da Antoine Sausverd tra la storia disegnata nel 1886 per la tipografia Quantin e la prima tavola del celebre fumetto disegnato da Winsor McCay per il New York Herald in data 15 ottobre 1905, sono quindi a dir poco notevoli. Vanno evidenziate inoltre il fatto che mentre la storia disegnata da McCay è rigorosamente inquadrata in vignette regolarissime, quella di Job non presenta riquadrature ai 10 singoli disegni che compongono la tavola, una soluzione insolita e che conferisce nella terza "striscia" alla cavalcata del piccolo Lucien una accelerazione sempre più vertiginosa sino alla quasi disintegrazione di cavalcatura e cavaliere della terza vignetta di questa terza "striscia".


progetto_temerario.jpgRip, Un progetto temerario, 1888.

 

Il secondo caso è invece analizzato sempre da Sausverd nel saggio Un Projet téméraire, Le petit Lucien, deuxième épisode, da noi tradotto come Un progetto temerario, in data 16 marzo 2009, dal titolo della storia disegnata da Rip per la tipografia Quantin nel 1888. La storia trova delle interessanti analogie con la seconda tavola disegnata da Winsor McCay non tanto nella storia che anzi è esattamente antitetica a quella di Rip. Infatti è nel mondo sotterraneo che McCay ambienta la seconda storia di Little Nemo, mentre invece Rip ci illustra in sole sei vignette della rovinosa caduta dall'alto del Petit Lucien che vorrebbe afferrare con l'aiuto di oggetti accatastati l'uno sull'altro, la luna piena.

 

 

nemo-2.jpg

Winsor McCay, episodio della serie Little Nemo, tavola del 22 ottobre 1905.

 

 

A Nemo accade invece di vedersi crollare addosso una miriade di funghi giganti instabili mentre sta recandosi da re Morfeo che lo ha invitato tramite un suo fedele servitore. Sauverd ha giustamente posto in evidenza la acuta trovata del disegnatore Rip nella disposione a gradini delle sei vignette di cui è composta la storia, con cui l'autore ottiene una accentuazione dell'ascesa del ragazzino verso l'agognata meta lunare, soprattutto nelle terza e quarta vignetta, le più lunghe e quelle in cui si accentua proprio l'aspetto verticale della scalata.

 

Anche McCay utilizzerà nella seconda tavole di Little Nemo quest'espediente narrativo-visuale dell'esposizione a gradini della discesa di Nemo nel sottosuolo e poi della caduta di un numero incredibili di funghi giganti, con la differenza che in essa le vignette sono otto invece delle sei di Rip, con la semplice aggiunta di due vignette, il grande autore americano di comics, aumenterà di molto l'aspetto spettacolare della catastrofe accaduto nell'incubo del piccolo Nemo.

 

A testimonianza di quanto questa tecnica grafica espositiva avesse affascinato McCay non possiamo non citare la terza tavola della serie Little Nemo datata 29 ottobre 1905, McCay ripropone una storia simile alla seconda, in cui il piccolo protagonista cade veramente dall'alto, come il suo equivalente francese di due decenni prima. Il piccolo protagonista delle surreali storie di McCay, infatti, precipita dall'alto di vertiginosi trampoli che ha indossato per superare una valle irta di strane piante sferiche multicolori e molto acuminate. McCay, questa volta ha voluto però strafare e narrare la catastrofe in ben 10 vignette poste a gradini, spingendo la verticalizzazione dell'evento al limite consentito dalla tavola. Notevole la sequenza della caduta descritta nelle ultime 5 vignette in cui l'autore ha posto la sequenza della precipitazione di Nemo in modo che dalla vignetta numero 10 alla 14, il giovane protagonista sia posto in una perfetta linea inclinata. Il che troviamo su scala ridotta anche nelle ultime tre vignette disegnate da Rip.

 

nemo3.jpgWinsor McCay, episodio delal serie Little Nemo, tavola del 29 ottobre 1905.

 

 

 

Detto ciò, e molto altro vi sarebbe ancora da dire su queste antiche influenze sui primissimi esempi di fumetti apparsi sui quotidiani statunitensi, come stupirsi della nuova mia "scoperta" delle relazioni esistenti tra la tavola di Victor Schramm e la prima delle sette storie di Max un Moritz di Wilhelm Bush?

 

Non resta che augurarsi anzi, che ritrovamenti del genere accadano più di frequente in modo da documentare, grazie a quel potente mezzo di ricerca qual è appunto internet, e illuminare la storia della nascita del moderno mezzo di narrazione grafica che in Italia conosciamo con il nome generico di fumetto. Ma anche delle varie dinamiche tra differenti generi artistici come il teatro, il cimena, l'arte pittorica, ecc.

 

 

 

Massimo Cardellini

 

 

 

 

 

 

LINK alla Tavola Di Schramm:

Karl and Fritz Teach a Dog to Fly

 

LINK all'edizione originale di Wilhelm Busch:

Max und Moritz

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