Parodie creatrici tra simbolismo e modernità grafica
Rinascere dal tempo e dall'altrove?
La parodia è già elevata al rango di un metodo di creazione dai simbolisti quando Jossot comincia a frequentarli. In Rimbaud ad esempio, l'imitazione rispettosa non si distingue sempre dall'imitazione stilistica (pastiche) e dalla parodia [30]. La fine del decennio 1880 è segnato dalla moda dei preraffaeliti, introdotta nell'elite parigina da Paul Bourget. Les Déliquescences d'Adoré Floupette, pastiche di Henri Beauclair e Gabriel Vicaire, contesta sin dal 1885 i gusto dei simbolisti per l'ermetismo poetico, l'estetica del sogno e del caos, i fiori velenosi, le pallide gracilità di vergini misteriose o estatiche, ecc. [31]. Il Salon des Incohérents del 1886 tenta anche una rottura sul modo burlesco contro il "pessimismo" e "la noia" del movimento Decadente. Lo spirito bizzarro di questo Salon rivendicando il dilettantismo (amateurisme), le tecniche semplicistiche o i titoli beffardi, esponeva sia dei maestri noti che dei caricaturisti, ha tanto segnato i giovani disegnatori che Le Courrier français si era auto-proclamato "organo ufficiale e ufficioso" del movimento. Sbeffeggiare i "pietosi pollami" di Walter Crane o dei "poveri arrangiamenti" di Burnes-Jones è ancora alla moda nel 1895, in occasione del Salon des Indépendants [32] Mirbeau si lancia allora in una serie di articoli in cui egli fustiga le complicazioni manieriste dei "pittori dell'anima" su un tono molto vicino alle caricature di Jossot [33]. In questo contesto, le opere di Beardsley hanno potuto colpire per la loro capacità di rinnovare un'estetica con un modo al contempo serio e parodistico. Jossot ha certamente avuto conoscenza di questi disegni ampiamente riprodotti nei giornali o esposti nel 1895 al Salon de la Libre esthétique [34]. Degli accostamenti iconografici e formali tra i due artisti sono d'altronde facili da stabilirsi e lo storico dell'arte Meier-Graefe associava strettamente le loro opere sin dal 1904, evidenziando un'influenza diretta di Jossot su Beardsley [35]. Qualunque sia il senso di questa influenza, la novità formale che esse introducono nelle arti grafiche appariva sotto il segno della parodia stilistica e si legittima attraverso un passato dimenticato o una tradizione artistica esotica.
Nella sua strategia di rottura nei confronti dei suoi maestri preraffaeliti, Beardsley ha ampiamente fatto riferimento al Giappone, pur assimilandolo in un modo satirico allo scopo di distinguersi da Whistler. All'epoca in cui il Giappone, diventato per l'Inghilterra una potenza minacciosa, non può più essere il rifugio di una nostalgia primitivista, Beardsley utilizza i principi stilistici e iconografici dell'immagine erotica giapponese per offrire a una piccola borghesia vittoriana xenofoba e pudibonda, l'immagine di androgini, di effeminati o di "nuove donne". Si fa beffe visto che c'è dell'arte dell'allusione e della mezza misura di Rossetti e di Burns-Jones, appropriandosi delle loro procedure, equivocando la tipologia dei loro modelli femminili, accentuando la loro sensualità [36]. I suoi disegni non si accontentano di far appello all'esotismo, ma mischiano le tradizioni più classiche: Beardsley ha osservato i vasi greci e studiato attentamente le satire di Giovenale. Alcuni ricercatori notano anche che i caratteri ritenuti "giapponizzanti" della sua opera sono già presenti nell'opera neoclassica di Flaxman [37].
Il sintetismo di Beardsley è così al servizio di una decostruzione: ispirandosi al grottesco antico e giapponese, ma anche dei modelli più ammessi del neo-classicismo e del simbolismo, la sua miscela è esplosiva. L'artista gioca con le connotazioni collegate ai diversi stili che egli svia completamente fondendoli in modo da confonderne il senso. Le sue immagini non possono essere considerate come delle caricature perché esse sfidano volontariamente l'interpretazione e nutrono delle pretese estetiche: a differenza di Jossot, Beardsley è un satirico che salva il serio dalla sua estetica. Il Giappone è assimilato tramite uno sviamento ironico sovversivo, ma l'artificio del processo parodistico posto in opera non è esso stesso volto alla derisione. Se Beardsley utilizza il linguaggio plastico dei Giapponesi per distinguersi dai suoi maestri, Jossot l'impiega per ridere di coloro che, come Beardsley, prendono questo linguaggio seriamente.
Negli anni 90 del XIX secolo, Jossot sembra affascinato dalle stranezze del simbolismo. E' d'altronde al mondo dello spirito, del sogno e dell'occulto, che la sua arte rende omaggio sino alla fine della sua vita. La sua attrazione, sin dal 1896, per lo spiritismo e le logge, non è dissociabile dal suo fascino per il mondo degli spettri, degli gnomi, dei mostri e delle strane deformazioni [38].
Pur non rinnegando l'eredità dei suoi maestri, Beardsley se ne è distanziato attraverso la satira, la bizzarria, e rifacendosi alle estetiche orientali. Allo stesso modo, Jossot persegue le problematiche del simbolismo, ma afferma la sua indipendenza attraverso l'espediente della caricatura e dell'Oriente. Lo stile dei suoi inizi è molto probabilmente nato da una parodia del "bizantinismo" dei simbolisti, così come è ad esempio definito in P. Radiot, in occasione della prima "Exposition d'Art Musulman". Allo scopo di spiegare la nuova sensibilità della sua epoca per le arti orientali, Radiot evoca un vecchio sfondo "bizantino" che avrebbe impregnato l'Occidente per secoli: "una specie di 'estremismo', un fermento di crescita nel grottesco e a ritroso, endemico nei vecchi sfondi d'oriente", si oppone a una tradizione di borghesi ponderati, repubblicani, positivisti, amatori di opere realiste e "solidamente dipinte".
L'Oriente bizantino, di cui non si tarda a sottolineare l'influenza sull'estetica medievale occidentale, è allora sinonimo di indipendenza rivoluzionaria, anarchica. Attraverso lui, si promossero stranamente il "lâcher" e "l'emballement", l'era del capriccio, il trionfo del margine, l'emancipazione del dettaglio contro il controllo di una ragione centralizzatrice. La "sintassi serpentina" si oppone alla rigidità del quadrato, segno di un'arte macchinista, democratica, razionalista, frettolosa e asciutta; anima "l'arte che ha il tempo, che sogna e cesella con grazia", i gioielli che "diventano i petardi dell'anarchia ricca...". Per Paul Radiot, il bizantino "panegirista" è vicino al caricaturista perché la sua arte poggia sulla "esaltazione incoerente su certi dettagli".
Nelle conseguenze comiche degli umoristi, l'autore percepisce il lavoro decentralizzatore dei dettagli che "istrioneggiano" intorno alla figura e le danno il suo senso. Il riferimento alla tradizione bizantina si afferma anche esplicitamente come il fondamento di una nuova arte, la promozione di una sensibilità intuitiva, la legittimazione di uno sguardo smarrito, errante, discontinuo. Questa nuova estetica sembrava sbeffeggiare e incoerente agli antichi sguardi, ma il bizantinismo contemporaneo "ha almeno un punto d'appoggio ora, in alcuni popoli che, per decine di secoli hanno fatto di questo squilibrio un modo di vedere, se non di pensare" [39].
Facendo la parodia di questo "bizantinismo" dei Simbolisti, Jossot ne assimila le principali caratteristiche e fa della caricatura un'estetica in sé: delle linee che vibrano, delle onde che si incurvano, degli arabeschi "spiraliformi", così sono gli elementi che egli volte in derisione. E' a partire dagli stessi motivi che egli costituisce e rivendica simultaneamente una nuova estetica caricaturale. All'epoca in cui egli frequenta i circoli simbolisti ed espone al Salon des Cent insieme a Mucha e Grasset, questo bagno ideologico che intreccia anarchia, Oriente, fantasia grottesca e "sintassi serpentina", lo conduce probabilmente a quel tratto volteggiante e dai colori stridenti.
Jossot non ha assimilato la lezione del classicismo nel movimento della sua contestazione: la sua opposizione all'autorità della tradizione stabilita è frontale e l'artista ricerca la sua legittimità artistica nel "bizantinismo" del Medioevo. Non trova il suo contorno e le sue superfici colorate uniformemente (aplats) nello stile trovadorico e cavalleresco di Millais o di Jean Dampt, ma nel libro di Kells, i vangeli di Echternach, i commentari del Beato di Liébana (1028-1072) e gli affreschi della chiesa di Tahull.
Il caricaturista si pone sotto il patronato esclusivo dell'arte medievale facendo un tabù del modello orientale e giapponese. Alla maniera di Henri Charles Guérard [40], affronta tuttavia il giapponismo come satirico, con un'arte burlesca, chiara e univoca. Nel suo Peintre de marines [41], il personaggio sezionato non mostra che le sue membra inferiore e la vista è letteralmente orientata verso il basso. L'onda non costituisce più il tema principale come in Hokusaï: vediamo un cavalletto volare in aria in compagnia di un gabbiano e le gambe del pittore sequestrano tutta l'attenzione dello spettatore.
Mentre in Beardsley il pastiche prende sul serio gli elementi ripresi dall'estetica della stampa giapponese e li utilizza in modo sovversivo contro i suoi fratelli maggiori, Jossot volge in derisione questi mezzi plastici. Nella parodia del giapponismo, il Francese assimila tuttavia un linguaggio e prende assolutamente sul serio questa nuova espressione satirica. Ispirandosi a tutta una tradizione grottesca che va da Breughel a Callot, passando attraverso Goya e Odilon Redon, egli rivendica allora la piena legittimità artistica della caricatura: "A mio avviso, un grugno tirato, contorta, deformata dalla sofferenza, la collera, il ridere o lo spavento, è mille volte più Bello malgrado la sua bruttezza della testa insipida e inespressiva della Venere di Milo" [42]. Con questo manifesto, Jossot rivendica l'invenzione di un'arte espressionista adatta alla caricatura e che altri pittori come Gauguin, Matisse o Picasso hanno d'altronde saputo assimilare nei loro lavori.
Al di là del contenuto o della funzione volgarmente satirica della caricatura, la fine del XIX secolo scopre in essa un'arte. Tuttavia, per accedere alla nobiltà artistica, il caricaturista deve dar prova della sua capacità nel controllare le sue passioni, e cioè dare una forma socialmente adattabile all'espressione della sua aggressività. Il disegno decorativo sarà il sigillo di un intendimento profondo che non cede al piacere sensuale dell'informe e della destrutturazione completa del motivo nei dettagli ornamentali. Per mezzo dei suoi pastiche artistici Beardsley ha finito con il creare una grande arte satirica. A forza di parodiare l'estetica simbolista, Jossot ha tentato di provare che "si può fare dell'arte e anche grande con la caricatura" [43].
Gauguin racconta in Oviri che al momento di partire per il suo secondo soggiorno a Tahiti nel 1895, ha intenzionalmente riunito le stampe di Hokusaï, delle litografie di Daumier, di Forain, e la fotografia di un affresco di Giotto: "Perché benché di forme differenti voglio dimostrarne i legami di parentela. Le convenzioni imposte da critiche malaccorte o dalla folla ignorante classificherebbero queste diverse manifestazioni d'arte tra le caricature o [cose dell'] arte leggera. Le cose non stanno invece così. Ritengo che l'arte è sempre seria qualunque sia il suo soggetto; la caricatura cessa di essere caricatura nel momento stesso in cui diventa arte" [44].
Trasformando in documenti visivi comparabili la grande arte così come "l'arte leggera", Gauguin non pone soltanto in causa la gerarchia artistica. Se riconosce un interesse artistico alla caricatura, è in un formalismo astratto che separa totalmente l'espressione plastica dall'intenzione satirica. Disincarnando così la caricatura, elude la questione di sapere se, accedendo alla legittimità artistica, l'arte caricaturale si spoglia della sua malizia e se, inversamente, "l'arte seria" diventa maliziosa attingendo nell'arte caricaturale.
Henri Viltard
[Traduzione di Massimo Cardellini]
NOTE
[1] KRIS (Ernst), Psychanalyse de l'art, trad. di Béatrice BEX, PUF, 1978 (ed. orig. 1952), p. 228. Nel suo libro Il motto di spirito, Freud ricorda già il fragile equilibrio degli ingredienti della caricatura che può facilmente oscillare dal ridere all'omaggio. In presenza di un personaggio importante, spiega Freud, ognuno tende, per empatia, a sorvegliarsi per meglio controllarsi ed essere "all'altezza". Il caricaturista che abbassa il personaggio con la sua rappresentazione fa l'economia di quest'obbligo e la differenza quantitativa di questo dispendio tra i due atteggiamenti è scaricata nella risata. Ma questo scarica non si effettua che alla sola condizione "che la presenza del sublime stesso non ci mantiene in una certa disposizione, quella dell'omaggio". (FREUD, Le Mot d'esprit et sa relation à l'inconscient [Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio], Traduzione di Denis Messier, Parigi, Gallimard, 1988, p. 335).
[2] Per un primo approccio su Jossot vedere la presentazione biografica di DIXMIER (Michel), "Jossot", Cahier de l'art mineur, n° 23, Parigi, Vent su Ch'min et Limage, 1980; VILTARD (Henri), "Jossot (1866-1951), Un caricaturiste libre-penseur et Musulman", Recerches en Histoire de l'Art, n° 5, 2007 e VILTARD (Henri), Jossot et l'épure décorative (1866-1951), Caricature entre anarchisme et Islam, Dottorato dell'EHESS, 2005.
[3] Vedere ad esempio EPISTOLIER (Théophraste), "Les petits miquets, trois 'politiques' sans le vouloir", Charlie (Mensuel), n° 108, gennaio 1978, pp. 36-38; BENOIT (Gérard), Abdu'l Karim Jossot, Ecole du Louvre, dirt. Michel Hoog, Arlette Serullaz, 5 dicembre 1978, p. 97; BELL (Daniel O.), A Pious Bacchanal, Affinities between the Lives and Work of John Flaxman and Aubrey Beardsley, Peter Lang, New York, 2000; KURYLUK (Ewa), Salome and Juda in the Cave of Sex, The Grotesque: Origins, Iconography, Techniques, Evanston, Illinois, Northwestern University Press, 1987.
[4] L'idea della necessità di un'aristocrazia nella democrazia è difesa in numerosi giornali intorno al 1895. Si tratta di denunciare il trionfo del numero per mezzo di una "mediocrazia" alleata ai "plutocrati" (l'aristocrazia del denaro), per promuovere e legittimare un'aristocrazia intellettuale fondata sulla solidarietà disinteressata. In L'Aristocratie intellectuelle, (Parigi, Armand Colin, 1895), il futuro senatore Bérenger e grande amico di Jossot, si richiama al pensiero di Guyau, Fouillée e Léon Bourgeois per immaginare un socialismo che non si pone più sul terreno della lotta di classe, ma su quello della conciliazione attraverso la persuasione. Come in Fouillée, il posto più elevato, nell'aristocrazia intellettuale, spetta all'artista: " egli "comanda attraverso la grazia, gli si obbedisce per amore, e i suoi ordini sono delle liberazioni" (p. 167). Si trova soprattutto un vasto dibattito sulla questione in La Plume nel giugno del 1894, con degli articoli di Henri Mazel, Henri Bérenger, Rémy de Gourmont e Alphonse Germain.
[5] Cfr. Kris (Ernst), Kurz (O.), L'Image de l'artiste, Légende, mythe et magie, Un essai historique, Parigi, éd. Rivages, 1979.
[6] STURGIS (Matthew), Aubrey Berardsley, a Biography, Harper Collins Publisher, Londra, 1998.
[7] Jossot (Gustave-Henri), Le Foetus récalcitrant, Sainte-Monique par Carthage, a Compte d'auteur, 1939, p. 15. L'artista appare come un "mostro rachitico" in "Bénédiction", prima poesia di Les Fleurs du mal. Vedere anche JOSSOT, "El Akarab - Akarab, Les parent sont des scorpions (proverbio arabo)", "Tunis socialiste", 15 dicembre 1926: "Anch'io avevo l'inestimabile felicità di possedere una matrigna devota, talmente devota che ero tormentato dalla continua impulso di romperle una sedia in testa".
[8] JOSSOT (Gustave Henri), Goutte à goutte, inedito, dattiloscritto, collezione privata, p.4.
[9] JOSSOT (Gustave Henri), Artistes et Bourgeois, Prefazione di Willy, Parigi, éd. G. Boudet, 1894.
[10] L'Assiette au Beurre, n° 302 del 5 gennaio 1907; n° 322 del 1° giugno 1907 e n° 311 del 16 marzo 1907.
[11] JOSSOT (Gustave Henri), Le Foetus récalcitrant, op. cit., p. 11.
[12] Snodgrass (Chris), Audrey Beardsley, Dandy of the grotesque, Oxford University Press, 1995, pp. 251-252.
[13] Sturgis (Matthew), Audrey Beardsley..., op. cit., p. 141.
[14] Snodgrass (Chris), op. cit., p. 123.
[15] Ibid. e Sturgis (Matthew), Audrey Beardsley..., op. cit., p. 200.
[16] Cfr. Sturgis (Matthew), Audrey Beardsley..., op. cit., p. 237.
[17] Baudelaire, Charles, Critique d'art suivie de Critique musicale, Gallimard, 1992, p. 370.
[18] JOSSOT, Goutte à goutte, op. cit., p. 5.
[19] Sembrerebbe che Jossot, sotto l'effetto della vecchiaia, confonda i luoghi e i personaggi nelle sue Memorie. Così Carrière va corretto con Jean-Paul Laurens ma nulla conferma la sua presenza in rue Campagne Première. L'"imbrattatele della sua età" che fonda un laboratorio è forse Alfred Mortier, allievo di Carrière, che Jossot ritrova in seguito ai "martedì" di Mallarmé, ma non si tratta più allora di rue Campagne Première. Ringrazio Sylvie Le Gratiet per queste precisazioni.
[20] JOSSOT, Goutte à goutte, op. cit., p. 5-6.
[21] Lettera a Osbert conservata alla Bibliothèque des musées nationaux, (MS 307 (1), [Parigi], s. d. [sett.-ott. 1894], f. 111-112). Su Osbert, vgedere: DUMAS (Véronique), "Le peintre symboliste Alphonse Osbert et les Salons de la Rose+Croix", Revue de l'art, n° 140, 2-2003 e DUMAS, (Véronique), "Le peintre symboliste Alphonse Osbert (1857-1939)", Recherches en Histoire de l'Art, n° 2, 2003.
[22] JOSSOT, Goutte à goutte, op. cit., p. 14.
[23] Octave Maus ha scritto un articolo elogiativo su Jossot durante l'uscita di Artistes et Bourgeois: "Un maître caricaturiste, Gustave Henri Jossot", L'Art Moderne, Bruxelles, n° 33, 19 agosto 1894. Alla stessa epoca, Jossot dedica il suo albo a Carrière. Incontra il compositore Gabriel Fabre a Audierne in un'osteria e Signac e Luce, nell'abitazione di Fabre, rue Lepic. Su Fabre e il suo ambiente, vedere JUMEAU-LAFOND (Jean-David), "Un Symboliste oublié: Gabriel Fabre (1858-1921)", Revue de musicologie, Société Française de Musicologie, Paris, n° 1, 2004, pp. 83-114. Jossot ha potuto facilmente incontrare Grasset che è stato lanciato dal Salon des Cent.
[24] Lettera a Léon Deschamps (bibl. litt. Doucet), s. d. [sett-ott. 1894].
[25] L'opera è conservata alla documentazione dello spazio Eugène Carrière a Gournay sur Marne.
[26] JOSSOT, Goutte à goutte, op. cit., p. 7.
[27] In una conferenza pronunciata a Oxford e a Cambridge il 1° 1 il 2 marzo 1894, pubblicata in La Musique et les lettres, Parigi, Perrin, 1895, Stéphane Mallarmé avvicina davvero poesia e musica in un linguaggio piuttosto ermetico.
[28] Jossot (Gustavwe-Henri), Mince de trogne, Parigi, G. Hazard, 1897.
[29] Jossot, Femelles!, Parigi, Ollendorf, 1901.
[30] Vedere ad esempio le riflessioni di Gérard Genette sul pastiche letterario che egli definisce come un "regime non satirico dell'imitazione", come una specie di omaggio ambiguo che non può restare neutro, tra beffa e riferimento ammirativo, in Palimpsestes, La littérature au second degré, Parigi, Seuil, 1982, p. 106.
[31] BEAUCLAIR (Henri) e VICAIRE (Gabriel), Les Déliquescences, poèmes décadents d'Adoré Floupette, Byzance, Lyon Vanné éditeur, 1885.
[32] GEOFFROY (Gustave), "Salon du Champs de mars 1895", Le Journal, 24 aprile 1895.
[33] MIRBEAU (Octave), "Des lys! des lys!", Le Journal, 7 aprile 1895: "Toujours des Lys", Le Journal, 28 aprile 1895 o durante un'altra esposizione: "Les artistes de l'âme", Le Journal, 23 febbraio 1896. Zola riprenderà queste critiche in un articolo del Figaro datato 2 maggio 1896. In "Intimités préraphaélites" Le Journal, 9 giugno 1895, Mirbeau si beffa di Burnes-Jones e Rossetti che, in un'estasi mistico-amorosa, condividono la stessa donna. In "Botticelli proteste!...", Le Journal, 4 e 11 ottobre 1896, descrive un Botticelli depresso: "Allora si inventano teorie, tecniche, scuole, rime. Si è mistici, mistico-larvisti, mistico-vermicellisti... cosa ne so? Gli uni sostengono che l'arte deve essere mistico-iperconica e kabbalospiroidale, gli altri che deve affermarsi altamente ottagona e quadratamente ellissoide. Per esprimere le anime e le intellettualità che ti ho nominato, si insegna che si deve mettere il ventre al posto delle scapole, le braccia al posto delle gambe, e la testa in nessun posto; delle groppe si fanno delle ali, delle ali delle capigliature, delle capigliature, dei cieli tempestosi o degli alberi da sogno, e tutto ciò somiglia a dei pacchetti di maccheroni che deambulano attraverso la marmellata dello spazio". Questi testi sono stati pubblicati in MIRBEAU (Octave), Combats esthétiques, t. 2, éd. P. Michel e J-F. Novet, Séguier, 1993. Maurice Denis s'interrogava così sin dal 1890: "Credete che Botticelli abbia voluto nella sua Primavera ciò che noi tutti abbiamo visto di delicatezza malatticcia, di preziosità sentimentale?". (Théories, Du Symbolisme au classicisme, éd. Hermann, Parigi, 1964, p. 41).
[34] MAUS (Madeleine Octave), Trente années de lutte pour l'art, 1884-1914, Bruxelles, L'Oiseau Bleu, 1926. I disegni di Beardsley per Salomé sono esposti nel primo Salon de la Libre Esthétique, nel 1894, con delle opere di Morris, Toorop, Maurice Denis, Grasset, ecc. Invitato al secondo Salon nel 1895, Jossot esporrà insieme a questi artisti. Roques (Jules) "Un Exposition d'affiche artistique à l'Acquarium", Courrier français, 11 novembre 1894 e 23 dicembre 1894. Troviamo 33 riproduzioni di Beardsley in questo giornale tra 1894 e 1896.
[35] Entwickelungsgeschichte der Modernen Kunst, op. cit., p. 718: "Das Einzelne ist ihm wenig, er nimmt die Anregung, wo er sie findet, ob es die Barockmöbel, Bauernschilder oder Burne-Jonessche Engel oder Zeichnungen Jossots sind". Sugli accostamenti iconografici, vedere STEAD (Evanghelia), Le Monstre, le singe et le fœtus, Tératogonie et décadence dans l'Europe fin-de-siècle, Ginevra, Droz, 2004, cap. 7.
[36] ZATLIN (Linda Gertner), Beardsley, Japonisme and Perversion of Victorian Ideal, Cambridge University Press, Cambridge, 1997, p. 164. Sui rapporti di Beardsley e Rops e la pornografia, vedere LANGENFELD (Robert), Reconsidering Aubrey Beardsley, with an Annotated Secondary Bibliography by Nicholas Salerno, Robert Langenfeld, UMI Research Press, Ann Arbor, London, 1989.
[37] BELL (Daniel O.) A Pius Bacchanal, op. cit., p. 169.
[38] Vedere ad esempio JOSSOT, "Extériosisation", La Dépêche Tunisienne, 19 febbraio 1913.
[39] RADIOT (Paul), "Notre byzantinisme", La Revue Blanche, 1894, t. VI, passim., pp. 111, 114, 117-121.
[40] Vedere Henri Guérard 1846-1897, Catalogo d'esposizione, Galeria Antoine Laurentin, di Marine Caroline SAINSEAQULIEU, genn.-aprile 2000, Parigi, ed. Galerie Laurentin, 1999. Collezionista di Lampade, quest'artista ha realizzato anche in tre dimensioni dei fregi di affreschi, realizzati a partire da metalli di recupero. Seguendo la stessa tecnica ha creato anche delle creazioni umoristiche di serrature.
[41] Il catalogo del Salon des Cent in cui è stato esposto nel 1895, sotto il n° 137 permette di restituire il vero titolo a questa stampa intitolata a volte Le Rameur.
[42] Lettera a Clément_Janin, INHA, dic. 1897. Queste idee sono state pubblicate in L'Estampe et l'affiche, n° 10, dic. 1897. Si può comparare quest'inventiva con quella che si trova in KOLNEY (Fernand), Le Salon de Mme Truphot, moeuers littéraires, Albin Michel, 1904, pp. 315-316: "... gridate loro che vi sono altre cose oltre a questo nella vita, che Littré con la sua faccia di orribile bruttura, che Renan con la sua maschera adiposa, dalle guance cadenti, in cui brillava il genio erano, anche dal punto di vista dell'aspetto esteriore, altrettanto belli del Laocoonte, il Discobolo o l'Apollo del Belvedere...".
[43] JOSSOT, "L'affiche caricaturale", L'Estampe et l'affiche, n° 12, 1897.
[44] Gauguin (Paul), Oviri, Ecrits d'un sauvage, in Danile Guérin, Parigi, Gallimard, 1974, p. 162.
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Parodies créatrices entre symbolisme et modernité graphique, par Henri Viltard
Parodies créatrices entre symbolisme et modernité graphique, article par Henri Viltard